Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

giovedì 25 febbraio 2010

Occasione di festa numero 10.

Siamo arrivati al decimo post! Proprio una bella occasione di festa. Così mi faccio un regalo, e lo faccio anche a voi: questo brano tratto da Il fu Mattia Pascal, di Luigi Pirandello.
Con l'augurio che per ciascuno di noi il cielo non sia mai un tetto proporzionato.


- La tragedia d’Oreste in un teatrino di marionette! - venne ad annunziarmi il signor Anselmo Paleari. - Marionette automatiche, di nuova invenzione. Stasera, alle ore otto e mezzo, in via dei Prefetti, numero cinquantaquattro. Sarebbe da andarci, signor Meis.
- La tragedia d’Oreste?
- Già! D’après Sophocle, dice il manifestino. Sarà l’Elettra. Ora senta un po', che bizzarria mi viene in mente! Se, nel momento culminante, proprio quando la marionetta che rappresenta Oreste è per vendicare la morte del padre sopra Egisto e la madre, si facesse uno strappo nel cielo di carta del teatrino, che avverrebbe? Dica lei.
- Non saprei, - risposi, stringendomi ne le spalle.
- Ma è facilissimo, signor Meis! Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo.
- E perché?
- Mi lasci dire. Oreste sentirebbe ancora gl’impulsi della vendetta, vorrebbe seguirli con smaniosa passione, ma gli occhi, sul punto, gli andrebbero lì a quello strappo, donde ora ogni sorta di mali influssi penetrerebbero nella scena, e si sentirebbe cader le braccia. Oreste, insomma, diventerebbe Amleto. Tutta la differenza, signor Meis, fra la tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta.
E se ne andò, ciabattando.
(…)
L’immagine della marionetta d’Oreste sconcertata dal buco nel cielo mi rimase tuttavia un pezzo nella mente. A un certo punto: «Beate le marionette,» sospirai, «su le cui teste di legno il finto cielo si conserva senza strappi! Non perplessità angosciose, né ritegni, né intoppi, né ombre, né pietà: nulla! E possono attendere bravamente e prender gusto alla loro commedia e amare e tener se stesse in considerazione e in pregio, senza soffrir mai vertigini o capogiri, poiché per la loro statura e per le loro azioni quel cielo è un tetto proporzionato…»


lunedì 22 febbraio 2010

Occasione di festa numero 9.

Cosa c'è di più bello, rassicurante e antidepressivo di una cena tra amici, soprattutto quando si cucina insieme?
Ben poche cose, direi. Nelle ultime settimane, complice anche il perdurare di questo maledetto freddissimo inverno, sto sperimentando questa gioia immensa e mi sento come rinata.
Innanzitutto perché passare il proprio tempo in compagnia di amici che ti vogliono bene e che l'hanno dimostrato più e più volte è già una grande festa. Secondo poi, cenare insieme per me significa celebrare questo momento di condivisione, dedicarsi a qualcosa di piacevole ma soprattutto farlo INSIEME, sapere che nel piatto che si ha di fronte c'è l'amore e il tempo che il tuo amico ha dedicato a te, magari preparandoti un piatto che ti piace tanto - una dimostrazione concreta dell'affetto, che si può toccare, odorare ma soprattutto... gustare! -. Terzo motivo, in realtà una variante del secondo: cucinando per le persone care si mette tutto l'amore che proviamo per loro, è il nostro modo di dire: Voglio che tu stia bene.
Da quando non vivo più coi miei genitori ho imparato alcune ricette che, devo dire la verità, mi riescono abbastanza bene - nonostante Noemi e Giordano facciano gli spiritosi... Tié! -: alcuni dolcini, alcuni primi piatti, qualche secondo... Lascio ancora un po' a desiderare sugli antipasti.
Cucinare mi piace perché è un'attività rilassante e molto gratificante, e, soprattutto, è un veicolo d'amore incredibile. E poi è una di quelle attività che richiedono attenta consapevolezza e allenano l'attenzione.
Due sabati fa, in occasione della (strepitosa) cenetta da Noemi e Claudio, ho preparato una torta margherita un po' naif - diciamo che dentro era perfetta... Fuori... Richiedeva un esame al carbonio 14 -. Però, anche solo per il fatto che sono riuscita a strappare sonore risate, posso dirmi soddisfatta. Sabato scorso, invece, ospitando i nostri cari Lara e Dario, non solo ho cucinato i miei mitici spaghetti alle vongole, ma Lara mi ha insegnato l'arte del tiramisù - che è venuto buonissimo! - e Giordano si è dedicato agli spiedini. Tutto questo non tanto per raccontarvi i fatti miei, ma proprio per spiegare che il segreto di una cena ben riuscita non è tanto la maestria culinaria, che pur conta, ma è la condivisione di un momento, o meglio il godimento del momento presente, e la celebrazione dello stare insieme.
Occhio però a non finire al pronto soccorso...
Ps: è un po' off topic, ma vi avevo promesso aggiornamenti: oggi sono riuscita a dire "Buongiorno signor Bonasera" rimanendo seria e professionale. E un cliente, dotato di finissimo british humour, per aiutarmi a localizzare una piazza, mi ha detto: "Signorina, piazza Botta... Come la... Botta". E poi non dite che sono maliziosa io.

giovedì 18 febbraio 2010

Occasione di festa numero 8.

"Chi sradicasse la conoscenza del dolore estirperebbe anche la conoscenza del piacere e in fin dei conti annienterebbe l'uomo"
Michel De Montaigne


Due anni fa, esattamente il 18 febbraio 2008, decidevo di abbandonare il mio lavoro nella redazione di una rivista di arte contemporanea. Quel giorno provai, per la prima volta nella mia vita, la sensazione terrificante del freddo in testa, che, l'avrei capito in seguito, mi avrebbe portata all'esaurimento nervoso. Provai anche altre sensazioni: rabbia feroce, inutilità, incredulità, disperazione persino. Emozioni che, provate tutte insieme contemporaneamente, mandano in tilt il cervello.

Io allora non lo sapevo, ma da quel giorno sarei diventata adulta, abbandonando per sempre certa ingenuità, certi sogni, certa superficialità anche. L'anno che ne è seguito ha portato dolore a me e a chi mi stava accanto, ma mi ha anche permesso di iniziare un percorso che, adesso posso dirlo, mi ha fatto rinascere con una forza e una consapevolezza mai viste.
Sono sempre io, con le mie luci e ombre, ma, a differenza di prima, conosco i miei limiti, riconosco le mie sensazioni, non scappo più, non mi ci faccio più sovrastare, insomma so come sono fatta e so come posso farcela. Nessuno, se non me stessa, potrà più portarmi via pace, dignità, forza.
Due anni fa a quest'ora mi sentivo niente. Oggi, quando un signore mi ha detto "lei mi è stata molto utile, Sara" ho sorriso e ho pensato al grande valore simbolico che avevano per me, oggi, quelle parole.
Il dolore, se lo si affronta e lo si supera, può essere la più incredibile delle occasioni di festa, può essere l'opportunità irripetibile di fare reset e ricominciare tutto da capo, con nuovi valori, una nuova coscienza e soprattutto una serenità incrollabile. Senza questa grande occasione di festa è poi impossibile riconoscere le altre.
Scusate se vi ho annoiato con la mia storia, che è di ben poco conto, ma era l'unico modo per trasmettervi questo messaggio, e spero di esserci riuscita.

mercoledì 17 febbraio 2010

Occasione di festa numero 7.

Quello per sto per dire alla maggior parte di voi parrà una cretinata ma credetemi: quanto aiuta!
Il vostro lavoro fa schifo? Lo odiate? I vostri colleghi sono più antipatici del trapano del dentista? O semplicemente è una di quelle giornate no che non passano mai?
Niente paura, la soluzione c'è: inventatevi il vostro personale antistress.
Io ne ho trovato uno di rara idiozia, ma che funziona a meraviglia: prendo nota dei cognomi buffi dei clienti che mi chiamano.
Siccome io adoro l'umorismo nonsense e i giochi di parole, immaginate l'effetto che ha fatto ieri su di me dire a una cliente "Buongiorno signora Bonazza" e sentire invece una voce serissima e ben poco charmante. Così come il signor Saibene mi fa pensare a una persona giudiziosa e un po' rompiballe. Tutti i soggetti con la testa fra le nuvole e la fantasia al galoppo come me trovano in un fenomeno come questo pane per i propri denti, ispirazione inaspettata e continua per le loro storie.
Ieri, per esempio, è stata una giornatona, perché a questi nomi si è aggiunto un meraviglioso signor Amatobene che trasmetteva positività e amore cosmico al solo suono del suo nome.
L'effetto migliore si ottiene con l'effetto ossimoro - la signora Bonazza già citata è l'esempio perfetto - ma anche i nomi semplicemente più inaspettati mi fanno ridere: forse solo io posso trovare irresistibile avere a che fare con mr. Giolitto.
Quindi, il messaggio è: qualunque cosa stiate facendo, ovunque vi troviate, se la trovate noiosa e insopportabile basta trovare uno scacciapensieri adatto a voi e i minuti scorreranno un po' più veloci. Se riuscite anche a divertirvi, poi, è il massimo.
Ps: e comunque vi tengo aggiornati sui cognomi. Ce n'è di strepitosi.

martedì 16 febbraio 2010

Occasione di festa numero 6.

Oggi al lavoro è stata una pessima giornata e allora, per farla riquadrare come voglio io, ho optato per quella che chiamo la strategia cocoon, e che vi consiglio: rituffarmi nella mia infanzia guardando e/o ascoltando film/telefilm/programmi/musica che amavo da bambina, accoccolandomici dentro in posizione fetale.
Come si può intuire, tale strategia consiste di diverse varianti. Quella di oggi è la variante Fame*.
In Italia lo conosciamo come Saranno Famosi, ed è uno dei telefilm di maggiore successo di sempre. Non c'è bambino-degli-anni-Ottanta (cito...) che non sappia chi sono Leroy, la signorina Grant o Danny Amatullo. E, se non lo sa, corra IMMEDIATAMENTE a rimediare.
Il canovaccio è semplicissimo: vita quotidiana di un gruppo di adolescenti talentuosi che frequentano la New York School of the Performing Arts. La scuola d'arte, per esteso, dove si studiano principalmente canto, ballo, recitazione, musica. Se l'idea è tutto sommato banale, lo svolgimento è però fenomenale: ogni puntata è costellata di almeno un paio di esibizioni dei ragazzi, in una delle suddette materie o in veri e propri mini-musical, e la qualità, soprattutto delle canzoni, è a dir poco eccellente.
Poi chiaramente ci si affeziona ai personaggi, che cambiano di serie in serie, ci si commuove e si ride molto... Però il motivo principale per cui, in giornate come oggi, vado a rifugiarmi in questi vecchi ricordi, è che ne traspare una immagine della vita positiva, non necessariamente buonista e melensa, però piena di gente bella che fa cose belle, faticando e impegnandosi, e che alla fine riesce ad avere ragione di iniquità e scorrettezze. Il fatto di sapere che nella vita spesso ciò non accade, ma che, almeno in un telefilm, può succedere, a me fa sentire infinitamente bene.
*Saranno famosi è una serie televisiva (nell'originale in inglese intitolata Fame), composta da 136 episodi, di 60 minuti l'uno e divisi in 6 serie (o stagioni), creata da Christopher Gore sulla scia del successo dell'omonimo film di Alan Parker.

Il serial è andato in onda negli Stati Uniti tra il gennaio 1982 e il maggio 1987 sulla reteNBC mentre in Italia è andato in onda tra il 1983 e il 1990 su Rai Due inizialmente la domenica sera alle 20.40 e successivamente tutti i giorni nel periodo estivo tra le 13.30 e le 14.30.
(Thanks to Wikipedia)

Ps: vi metto il link a quella che, secondo me, è la canzone più bella di tutta la serie, Starmaker. Magari vi viene voglia di vedere il telefilm...

lunedì 15 febbraio 2010

Occasione di festa numero 5.


"Per meditare, la posizione più stabile è sedersi a gambe incrociate su un cuscino. Sceglietene uno che sia abbastanza consistente da sostenervi. Le posizioni del loto e del mezzo-loto sono le migliori per dare stabilità al corpo e alla mente. Per assumere queste posizioni, incrociate le gambe con delicatezza, mettendo un piede (per il mezzo-loto) o entrambi i piedi (per il loto) sulla coscia opposta. Se la posizione del loto vi riesce difficile va bene anche sedersi a gambe incrociate o in qualunque posizione comoda. Tenete la schiena dritta, gli occhi socchiusi e le mani comodamente intrecciate in grembo. Se preferite, sedetevi su una sedia con i piedi poggiati sul pavimento e le mani adagiate in grembo. Oppure sdraiatevi sul pavimento con le gambe distese e appena divaricate e le braccia lungo il corpo, preferibilmente con le palme rivolte verso l'alto.
Se nel corso della seduta vi si addormentano le gambe o i piedi, o il dolore vi impedisce di concentrarvi, sentitevi liberi di cambiare posizione. Se lo farete lentamente e con attenzione, seguendo il respiro e ogni movimento del corpo, non perderete la concentrazione neppure per un attimo. Se il dolore è forte, alzatevi, camminate lentamente e con attenzione e quando sarete pronti rimettetevi a sedere.
(...)
A volte, potremmo usare la meditazione per nasconderci a noi stessi e alla vita, come un coniglio che si rimpiatta nella tana. Così facendo, forse riusciremo a eludere i nostri problemi per un po', ma una volta fuori dalla 'tana' saremo costretti ad affrontarli. Ad esempio, quando ci si dedica alla pratica con molto impegno, il fatto di consumare tutte le energie distogliendole dalle difficoltà che ci assillano può darci un qualche sollievo. Ma non appena recuperiamo le forze, i nostri problemi ricompaiono.
Dobbiamo praticare la meditazione con dolcezza ma con assiduità, lungo tutto l'arco della giornata, approfittando di ogni occasione e circostanza per esplorare la vera natura della vita, ivi compresi i nostri problemi quotidiani. Questo modo di praticare ci mette in profonda comunione con la vita".

Tratto da Thich Nhat Hanh, La pace è ogni passo (Ubaldini Editore): "La meditazione seduta".

giovedì 11 febbraio 2010

Occasione di festa numero 4.

Da questa mattina una consistente nevicata sta coprendo la mia bella città ammantandola di bianco. Molti sono stufi perché dall'inizio dell'inverno ha già nevicato una decina di volte, e dal punto di vista di chi deve spostarsi in città si tratta di un problema non indifferente. Però, per una volta, sarebbe bello lasciare da parte il proprio pragmatismo e fermarsi un attimo. Vi racconto quindi quel che capita a me.
Ogni volta che fenomeni atmosferici come la neve, o la nebbia, irrompono nelle mie giornate torinesi tutte uguali, per me è sempre un'emozione.
Credo di aver capito che il motivo fondamentale sia la capacità, sia della neve che della nebbia, di ricoprire le cose nascondendole, o permettendomi di immaginarmele come io le vorrei.
La nebbia, per esempio, sfuma romanticamente i contorni, rende le luci fioche, mi fa sognare che laggiù, lontano, al posto di questa città - seppur bella - ci sia un luogo bellissimo, un luogo che domani, quando la nebbia si sarà alzata, vedrò in tutto il suo splendore. Una sorta di pacco regalo ancora da scartare, che promette meraviglie. Oppure mi fa fantasticare di essere in un fumoso bistrot, o in romantico ristorantino a lume di candela, dove chiacchierare e rilassarmi in buona compagnia.
Diverso è il discorso della neve. La prima cosa che adoro è la sua luce, bianca, abbagliante, un unico colore-non colore che non ammette titubanze e invade tutto con la sua bellezza. Il cielo, la terra, gli alberi, le case, tutti dello stesso colore. E poi la morbidezza, quella consistenza cotonosa che sembra fare da paraspigoli sulle cose affinché nessuno si faccia male. La sua capacità purificatrice, il suo magico potere di farci riscoprire tutti bambini, quando godevamo di tutto senza sovrastrutture e pensieri inquinanti. E, infine, la bellezza perfetta dei singoli fiocchi, tutti diversi e tutti architettonicamente definiti.
Stamattina, tornando a casa dal lavoro sotto i fiocchi fitti, mi divertivo come una bambina ad allungare la mano per raccoglierli e osservarli nella loro semplicità bellissima. Avevo freddo, rischiavo di scivolare a ogni passo, avevo i jeans inzuppati ma ero così felice.

mercoledì 10 febbraio 2010

Occasione di festa numero 3.



Fino a qualche tempo fa, ho creduto nella verità del detto: "Un bastone e un sorriso possono superare qualsiasi difficoltà", ma poi la mia ulteriore esperienza mi ha rivelato che in genere si può lasciare a casa il bastone.
Robert Baden-Powell
Da quando faccio il lavoro che faccio, e il mio lavoro principale in questo momento è assistente personale 892424 Pronto Pagine Gialle, ho quotidianamente a che fare con moltissime persone. Una parte sono i miei colleghi di lavoro; l'altra parte, ben più consistente, è rappresentata dai clienti che ci chiamano.
Chi svolge un lavoro a contatto col pubblico sa che si tratta di un'occupazione impegnativa, altamente stressante, ma soprattutto imprevedibile perché incredibilmente diverso è ogni essere umano rispetto a un altro. Quando si crede di avere imparato qualcosa, ecco accadere l'imponderabile che ci sbaruffa tutte le nostre convinzioni precedenti.
Riguardo il mio lavoro ho un'unica incrollabile certezza: un sorriso, anche se soltanto al telefono, fa miracoli. Il sorriso infatti serve a me, e serve a chi mi ascolta, che lo percepisce sempre. Ho il dono di placare i clienti incazzati, mi dicono: forse perché, a prescindere da tutto, deve impegnarsi molto chi mi vuole togliere la serenità. Il probabile motivo è che prima, invece, bastava davvero molto poco.
Ognuno di voi può notarlo con l'esperienza personale: se non sorridete, difficilmente otterrete non dico quel che volete, ma anche solo una buona predisposizione d'animo. Provate a entrare al lavoro sorridendo: se, su dieci persone che incontrate, anche solo una vi sorride, non è già una gran cosa? Magari gli altri nove vi prenderanno per cretina/o; magari, però, la volta successiva, vi sorrideranno, o comunque avranno capito che siete una brava persona, che di voi ci si può fidare, che è bello stare in vostra compagnia. La goccia scava la pietra...
I primi tempi in cui lavoravo al telefono, la cosa mi pesava e i clienti lo avvertivano: le telefonate erano sgradevoli, e io lavoravo male. La scoperta dell'acqua calda è stata che se io, a prescindere dallo stato d'animo con cui arrivavo al lavoro, mi impegnavo a sorridere, questo good moodentrava in circolo, il cliente era più malleabile, magari ci si scherzava pure, e soprattutto, finita la giornata, anche il mio umore era migliorato.
Beninteso: a provocazione si risponde, l'ho anche scritto nei miei propositi per il 2010. Chi tocca la mia dignità e mi offende, non mi troverà a testa china. Però, di norma, è molto difficile scalfire la serenità di un volto sorridente: ci si deve impegnare molto, insomma.
Ora: applicate tutto quanto vi ho appena detto ai vostri casi personali, adattandolo opportunamente. Impegnatevi, metteteci tutta la vostra volontà. Magari fatemi anche sapere.
Sorridere è una forma di resistenza alle brutture che ci circondano molto, molto tenace. E costa proprio poco.

martedì 9 febbraio 2010

Piccola parentesi o pseudo-dichiarazione programmatica.

Siccome mi sono accorta di non aver spiegato il motivo per cui ho deciso di dedicare tutte le mie attenzioni a questo nuovo blogghino, ora lo faccio. Magari a voi non interessa tanto, ma a me serve per mettere ordine nelle mie idee (sono pasticciona, troppo, sto cercando di "disciplinarmi" un po').
L'altro blogghino mi ha accompagnata in un momento caotico, delicato, particolare della mia vita. Ha avuto cioè ragion d'essere in quel momento. Rispecchiava ciò che sentivo, raccoglieva i miei sfoghi, parlava delle cose che mi piacevano e mi interessavano.
Ma siccome io sto facendo un percorso personale pieno di scoperte e di cambiamenti, e siccome negli ultimi due anni sto comprendendo un sacco di cose alle quali prima nemmeno pensavo, mi piaceva l'idea di condividere tutto ciò che ho imparato e che tutti i giorni imparo.
Quando si sta tanto male, ma male al punto di chiudere le porte a tutto, e però si riesce a tirarsene fuori, il modo in cui ci si aggrappa alla vita è qualcosa di straordinario. Tutto quello che si ha attorno diventa motivo di felicità e stupore infinito. Ma come, tutto questo c'era già prima e io non lo vedevo? Se vi sembra retorico, ci metto la faccia e vi dico che non lo è, perché l'ho provato.
La cosa pazzesca è che, quando vedi quello che prima non vedevi, vorresti che lo vedessero tutti. All'improvviso capisci meglio le persone, la vita, tutto. Non è che si riceve un'illuminazione dall'alto, seduti comodi sulla poltrona. Il lavoro è lungo, richiede disciplina, pazienza, rigore, e non sempre è possibile essere costanti. Le ricadute ci sono, e non sono poche. Però una cosa importante si capisce subito: le persone, nella maggior parte dei casi, non sono felici. Ognuno lotta coi suoi demoni, le sue speranze deluse, le durezze dell'esistenza. Ho capito che è dura per tutti, ma che semplicemente cambia il modo di affrontarla.
Allora, partendo da questo presupposto, voglio aiutarmi e aiutarvi a vedere che c'è sempre, anche quando è nascosta da cumuli di polvere, una scintilla di infinito, di perfezione, di pura bellezza. E che è proprio questa scintilla che dà il senso a tutto il resto.
Un abbraccio.