Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

mercoledì 30 marzo 2011

Occasione di festa numero 78.

Music saves. La formazione del gusto. Infanzia

ovvero: materiale per ricattarmi se non mi volete bene o ogniqualvolta non siate d'accordo con le mie recensioni a ca**o


Music saves. La musica salva. Vi sarete accorti che la penso così dalla percentuale di spazio che dedico all'argomento su questo blogghino. Tra le occasionidifesta è per me una delle più grandi, e lo sarà sempre.
Il motivo non saprei spiegarvelo. Penso sia tutta questione genetica, un tarlo trasmesso tramite il DNA paterno. Fatto sta che non ricordo giorno della mia vita senza musica. La musica è la sorella che non ho mai avuto. L'ascoltatrice che non giudica. Mi afferra per i capelli quando scivolo giù. E soprattutto, ha sempre la risposta giusta.
Adesso faccio un'operazione psico-vintage. Torno indietro nel tempo e cerco di ricordare tutto ciò che riesco. Tiro fuori tutto, soprattutto gli scheletri nell'armadio.
Ok, iniziamo.
Mio papà aveva un sacco di dischi in vinile, gelosamente conservati. 33 e 45 giri. C'erano i Beatles, i Rolling Stones, i gruppi beat italiani, qualche Battisti. Il primo LP di cui ho memoria è The Wall. Pink Floyd. Un album doppio pieno di figure spaventose, mostri piccoli e mostri grandi, un tritacarne, lo sfondo grigio e triste di un muro di cemento. A modo mio avevo imparato a cantare la canzone più famosa di quel disco, che probabilmente mi piaceva tanto per via del (sinistro) coro di bambini. "We don't need no education" per la piccola Sara Giorgia (due anni) era diventato "uiba uiba". 

Ricordo anche The John Lennon Collection: la magia di WomanJealous guyHappy Xmas (la canzone natalizia della mia infanzia), e la puntina del giradischi che si incantava sempre sullo stesso punto di Just Like Starting Over ("special... special... special... special"). Quando sento quelle note, vedo ancora la mia stanzetta, l'impianto stereo, mamma e papà, le mie Barbie, il lettino carico di peluche, la grande finestra che dava sul giardinetto. 
Poi c'è stato il delirio pop degli anni Ottanta. Estate 1982 o giù di lì: esplode il tormentone On my own, di una bambina di nome Nikka Costa. Secondo le testimonianze familiari, la sapevo tutta a memoria (in inglese?!?). Ero diventata un'attrazione circense, in pratica. Altre megahits di cui si conservano ricordi indimenticabili sono Rock'n'roll robot di Alberto Camerini e Strada facendo di Claudio Baglioni. 

Estremi altrove inconciliabili. Non chiedetemi perché. Ascoltavo, imparavo a memoria, tamburellavo le mani sui tavoli a mo' di pianoforte o strimpellavo la mia chitarrina baby-sized (ci sono foto a testimoniarlo). Così, perché mi piaceva. Altro cult: Sting. Russians (però, che buon gusto). 
Le one hit wonders degli anni Ottanta avevano poca presa su di me. Ah, e poi c'era Madonna. Avevo una vera adorazione per lei, e ce l'ho tuttora. Probabilmente le devo l'irresistibile tentazione al trash che periodicamente si impadronisce di me imponendomi di ascoltare con godimento gente come i Black Eyed Peas, Lady Gaga, Pitbull, David Guetta - cito i primi buzzurri che mi vengono in mente. L'amore per il pop, la dance, l'ironia sbruffona. 
Il concerto di Torino del 1987, contemplato in religioso silenzio, è uno dei must della mia infanzia: "Dateme un pàttine zubbito". Ricordo che costrinsi il mio povero papà, all'uscita dell'album Who's that girl, a pellegrinare per negozi di dischi in cerca della musicassetta. Ogni sera chiedevo speranzosa "me l'hai portata?", senza realizzare che il pover'uomo spesso tornava talmente tardi dal lavoro da avere a mala pena il tempo di sedersi a tavola per cena a un orario cristiano. 
Un altro peccato d'infanzia fu Eros Ramazzotti. Sì, sto facendo outing ragazzi. Uno scheletro nell'armadio di dimensioni mastodontiche. A casa dei miei, in qualche scatolo impolverato, giacciono due suoi 33 giri, che a mia discolpa la critica ha definito i suoi album migliori (tamarra sì, ma con classe): In certi momenti In ogni senso. Li sapevo tutti a memoria, canzone per canzone, parola per parola. Ancora oggi, se ascolto uno di questi pezzi, inconsciamente inizio a canticchiarlo. Ops.
Altro cult infantile, anche questo imparato devotamente a memoria ma, per essere onesti, di grande qualità cantautorale: Antonello Venditti. Sotto il segno dei Pesci. Mi divertivo un sacco a cantare "Bomba o non bomba, noi ritorneremo a Roma... Malgrado voi". Manco sapevo cosa stavo cantando ma è the power of music: conta la melodia, prima di ogni cosa. Questo lo percepii allora e lo capii chiaramente più avanti. Ed è uno dei miei dogmi filosofici ancora adesso. La musica è il sogno realizzato di una lingua unica, comprensibile a tutti, ed è il sogno più democratico che esista, perché non servono soldi né istruzione per apprezzarla. Almeno, così la penso io. Domande? Critiche?
E così, il mio gusto musicale si formava, preso in mezzo tra Pink Floyd e John Lennon da una parte, e le varie sfumature del pop dall'altra.
Si formava in modo passivo, come è naturale che fosse: ascoltavo ciò che trovavo in casa, o che sentivo alla radio o alla televisione. Però sceglievo, a modo mio. Mi piacevano le chitarre, per esempio. Ma mi piaceva anche la musica allegra, spensierata, che si poteva ballare. Mi piaceva l'ironia, ma anche le belle parole. L'estrema delicatezza, e il frastuono. 
La mia infanzia musicale si chiude nel 1989, quando ricevo in regalo da mia zia la musicassetta de La mia moto, secondo disco di Jovanotti. Uscite fuori allo scoperto, se ne avete il coraggio, perché so che anche voi, bambini degli anni Ottanta, venerate in segreto questo gioiellino pop-trash del nostro amatissimo Lorenzo Cherubini. Ricordo che mia zia mi chiese chiaramente cosa volessi per regalo, e io non dissi che volevo un giocattolo, o qualcosa del genere. No, io scelsi quella copertina, lo sfondo a stelle e strisce, il cappello da cowboy, la moto, in quella vetrina di un negozio di via Di Nanni, puntando il ditino paffuto tra una cinquantina di altre cassette disposte in fila, in perfetto incastro. No, non vi vergognate, ci siamo passati tutti. Io ancora adesso lo dico: "Vai così, è una figata".

lunedì 28 marzo 2011

Occasione di festa numero 77.

Milan Fashion Week Fall 2011.


Full color. Bright ones. Part three!


A Milano trionfa il rosso e spunta un outsider: il viola, in differenti declinazioni. Enjoy!


Yellow

Da sinistra a destra, dall'alto in basso: 

Blumarine, D & G, Gucci, Jil Sander, Versace, Bally, Blumarine



Red

Da sinistra a destra, dall'alto in basso:

Bally, Alberta Ferretti, Gucci, Iceberg, Moschino, Versace, Prada, Trussardi 1911, Moschino Cheap & Chic




Blue

Da sinistra a destra, dall'alto in basso:

Alberta Ferretti, Gucci, Iceberg, Jil Sander, Pucci, Sportmax, Versace




Orange

Da sinistra a destra, dall'alto in basso:

D & G, Blumarine, Etro, D & G



Green

Da sinistra a destra, dall'alto in basso:

Gucci, Pucci, Blumarine, Gucci



Pink

Da sinistra a destra, dall'alto in basso:

Marni, Brioni, Gucci, Moschino, Marni





... and Violet!

Da sinistra a destra, dall'alto in basso:

Versace, Pucci, Blumarine, Brioni, Versace, Brioni, Blumarine