Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

mercoledì 9 aprile 2014

#204. Music Saves Special: Sanremo Edition (Parte 2)

(premessa: lo so, è passato più di un mese e quindi non sto tanto sul pezzo. ma nel frattempo mi hanno operata e non ho più potuto pubblicare il seguito del primo post su Sanremo. eccolo qui)



belli i ricordi rievocati nel mio post precedente, ma ora siamo nel 2014, l'anno della 64esima edizione, l'anno della riproposizione della coppia Fabio Fazio-Luciana Littizzetto tanto piaciuta l'anno precedente: e dunque vogliamo dirle due cialtronate anche noi, visto che tutti si sentono in diritto di farlo?
(non è una recensione eh. che si sappia)
Fabio Fazio & Luciana Littizzetto
è inutile girarci attorno: un bel po' di autocompiacimento e la situazione sempre peggiore di un Paese immerso fino al collo nella crisi economica e nello scoraggiamento hanno affossato quella che probabilmente verrà ricordata come una delle peggiori edizioni di sempre.
ma facciamo come quelli seri: cosa non ha funzionato e cosa invece sì? ha ancora senso un evento di questo tipo in Italia? se sì, quali sono le modalità migliori per farlo continuare a vivere?
partiamo dalle canzoni, che sono l'ossatura, la ragione stessa dell'evento (anche se si tende a dimenticarlo). 
scenografia
è stato da più parti recriminato che le canzoni, quest'anno, fossero deboli. sono d'accordo: a parte i casi della (giusta) vincitrice Arisa, di Renzo Rubino e dei Perturbazione, nessuna ha colto il giusto compromesso tra attitudine pop e senso della melodia tipicamente italiano. in molti casi si è indugiato troppo sul cantautorale, scontentando una grossa fetta di pubblico, e persino i cantanti considerati più accessibili (alla Francesco Renga, per intenderci) hanno proposto brani non immediati e spesso pretenziosi. per non parlare del fatto che si è optato per un numero corposo di artisti poco conosciuti al grande pubblico, ignorando di fatto le preferenze di una parte di spettatori che rappresentano il gusto tradizionalmente italiano. colpa probabilmente dell'effetto-Fazio, conduttore tv che ha ormai abbandonato quell'inclinazione deliziosamente pop e vintage dell'epoca Quelli che il calcio-Anima mia per diventare un serioso primo della classe un po' snob, con in più quel debole per la nostalgia che in questo caso fa da zavorra.
Arisa
da outsider a parte del sistema, anzi burattinaio di un teatro che sembra vergognarsi della leggerezza, che desidera continuamente impartire lezioni, che si pone più in alto di un pubblico - a suo vedere, o almeno così traspare - da ammansire ed educare. 
mai errore fu più grave.
a partire dalla scenografia, che probabilmente voleva trasmettere l'immagine di una bellezza decaduta e sprecata (il tema del Festival, un po' ruffiano, era La Grande Bellezza), passando dai goffi e malriusciti tentativi di intrattenimento dei due conduttori, sia soli che in coppia, arrivando infine alla cimiteriale celebrazione dei 60 anni della Rai, che ha finito per idolatrare vecchie glorie rispettabili ma dall'età media di 70 anni. e che dire degli ospiti stranieri, pregevoli ma quasi tutti di nicchia e sconosciuti ai più? 
in definitiva: tutto ha concorso a un'idea contemporaneamente stantia, supponente e noiosa.
mancava il ritmo, mancava l'alchimia in primis alla coppia di conduttori, probabilmente stanchi essi stessi di recitare la stessa parte da ormai più di dieci anni, mancava la convinzione di quanto si stava facendo, quasi che si tirasse la volata a scontentare tutti in una volta sola.
Renzo Rubino
un Festival di Sanremo, insomma, da dimenticare, anche se non sono mancati momenti pregevoli.
per dirla con parole mie: cosa è piaciuto alla vostra simpatica cialtrona?
1. Arisa. a conferma che il pop è una cosa seria: porta due canzoni, una più cantautorale (bellissima), l'altra più immediata, anche se non banale. le canta benissimo. passa la seconda e vince, in un Festival che voleva avere la puzzetta sotto il naso. dite quello che volete ma per me styling, acconciatura e trucco sono stati perfetti, hanno valorizzato il personaggio rendendolo moderno e ironico (le decolletées gialle!, la pencil skirt argentata disco!). finalmente, dopo anni di gavetta, la consacrazione di un personaggio di grandi qualità artistiche, finora unico nel panorama musicale italiano. brava, bravissima (ok, era la mia preferita. ma non abbiamo sempre detto, su questo blogghino, che quando si mettono d'accordo gli appassionati rompicoglioni e il pubblico da casa è la quintessenza del pop? i Daft Punk di Get Lucky non ci hanno insegnato proprio niente?).
Perturbazione
2. le canzoni di Renzo Rubino e dei Perturbazione. a parte la personale simpatia che nutro per tutti loro (simpatici, umili, eleganti) hanno portato in gara canzoni deliziosamente pop e adorabilmente italiane. pur essendo quasi sconosciuti alle signore a casa hanno strappato rispettivamente il terzo e sesto posto (stra-meritati), a conferma che il pubblico aveva bisogno di leggerezza in un periodo come questo. tié.
3. le cosiddette Nuove Proposte: un livello medio da paura, ben più alto di quello dei cosiddetti Campioni. e dire che qui di pop intelligente ce n'era a palate, c'era la freschezza e c'era la modernità, tanto che ha vinto un rapper non a caso, visto il successo di questo genere musicale tra i teenagers e non solo. ci fosse stato lo stesso coraggio nella selezione dei grandi, probabilmente a quest'ora starei scrivendo un'altra storia. (by the way, i miei preferiti erano Diodato e Zibba, a pari merito. canzoni super).
Diodato
4. l'orchestra. nonostante la penalizzante scenografia, straordinaria.
5. alcune cover nella serata del venerdì: Frankie Hi-nrg con Fiorella Mannoia, Giuliano Palma e la sua orchestra, Arisa con la band danese dei WhoMadeWho. evviva. 
le cose da dimenticare:
1. la tristezza generale. il Paese non vive un momento spensierato: invece di ricordarlo con una scenografia deprimente e di fare le facce (fintamente) tristi e colme di senso di colpa, perché non regalare il sogno? non per fare della sociologia da due soldi, ma negli anni della crisi economica globale c'è stato un ritorno prepotente della musica da ballo: devo ri-citare i Daft Punk? (ok, la sociologia l'ho fatta lo stesso. chiedo scusa). perché in Italia non vogliamo capire che il pop, la dance, il rap non sono generi inferiori? perché non ci entra in testa il fatto che in momenti di difficoltà non si chiede altro che sogni e sana leggerezza (e magari di muovere il culetto)? perché non rispettiamo di più il gusto del grande pubblico? perché dobbiamo ogni volta tafazziarci i maroni con questa storia del cantautorato, come se fosse un genere nobile e più rispettabile?
2. l'atteggiamento didattico e moralista. non è il contesto adatto.
Zibba
3. la celebrazione dei grandi vecchi. dedichiamo a queste cose spazi appositi: che so, uno speciale in seconda serata, anche in prima, via. mica dobbiamo ignorarli o mancare loro di rispetto. dev'essere la forma, e non il contenuto, che deve rispettare la tradizione: modernità e futuro pur restando fedeli allo scheletro dell'evento. in Italia qualcosa di simile c'è, ed è X Factor: possibile non riuscire a traslare questo schema al Festivalone?
4. la scelta degli ospiti musicali. devono essere delle vere star, tali da giustificare la spesa: oggi mi vengono in mente Rihanna, Shakira, Bruno Mars, ovviamente Beyoncé o Adele, Lady GaGa, Katy Perry. un evento catalizzatore deve esserci, l'hype va creato. e poi è questo che cattura l'attenzione dei più giovani, visto che ci si lamenta che non guardano più Sanremo. è inutile invitare i trecento ospiti di una volta: ne bastano un paio, ma di questa caratura. et voilà. lo spazio che resta, magari, lo dedichiamo alle canzoni in gara (soprattutto dei giovani).
invitare ospiti di grande livello ma quasi sconosciuti (penso soprattutto a Rufus Wainwright) mi fa sempre tornare in mente quella attitudine professorale ed educativa di cui il Paese non ha assolutamente bisogno (da parte di chi, poi?). 
e poi basta con i superospiti italiani. o in gara, o niente. facile, così.
Frankie hi-nrg & Fiorella Mannoia
5. gli ospiti non musicali. se proprio non se ne può fare a meno, la scelta di comici o entertainer finora si è rivelata la più saggia (e apprezzata): alleggerisce, dà ritmo, colora. ricordate il trio Marchesini-Solenghi-Lopez nel 1989? basta anche alle autopromozioni Rai su fiction e sceneggiati vari: esistono già gli spot pubblicitari, il rischio è di ottenere l'effetto contrario, oltre a far calare la tensione. triste, inopportuna, noiosa (e immagino anche costosa) la presenza degli ospiti più svariati ad annunciare quale canzone delle due passasse il turno: non ci sono già due conduttori profumatamente pagati, per questo?
6. bene la serata dei duetti, ormai tradizione del venerdì: ma che siano duetti tra musicisti, non pasticci ibridi con attori o ballerini. è il Festival della canzone: valorizziamo le canzoni, liberiamone il potenziale.
7. rispettiamo di più le Nuove Proposte: non releghiamole a notte fonda. lo so che si dice da sempre, ma si continua a sbagliare per ovvi motivi di introiti pubblicitari. forse a questo punto sarebbe meno ipocrita dedicare loro una trasmissione a parte, magari sul web dove troverebbe il pubblico che merita.
Giuliano Palma e la sua orchestra
tirando le somme, quali sono i codici irrinunciabili da cui partire per creare una edizione del Festival di Sanremo che funzioni, che guardi sia alla tradizione che alla modernità?
1. la scenografia. luci, colori, e soprattutto FIORI! tanto vale farla a Courmayeur, altrimenti. il kitsch è ammesso, in un evento che deve mettere d'accordo tutti. e guardiamo agli anni Ottanta, infinita fonte di ispirazione. un tocco di vintage e modernariato per i palati più fini, e il piatto è servito.
i primi tre classificati
ricordiamoci che lo spettatore medio vuole il sogno: della realtà ne ha già le scatole piene. dov'è finito, il glamour dei favolosi anni Ottanta? ecco, solo in quel decennio il Festival è stato esattamente ciò che dovrebbe essere. grandi esibizioni, personaggi - soprattutto femminili - carismatici, canzoni destinate a durare, abiti e styling impeccabili: vogliamo ritrovarlo, quel coraggio di osare? repetita iuvantless is more non è il motto preferito dallo spettatore tipico festivaliero.
vincitrice perplessa
2. chi presenta. che si tratti di un uomo o di una donna, ci vuole carisma, coraggio, capacità di metterci la faccia: è per questo che le edizioni migliori sono state quelle di Pippo Baudo, Paolo Bonolis, il primo Fabio Fazio. aggiungerei anche il Sanremo di Simona Ventura, segnato dal boicottaggio delle grandi case discografiche. la professionalità non sempre basta (vedi la mia amatissima Carrà), ci vuole la giusta cattiveria per imporre la propria visione in un carrozzone di queste dimensioni.
3. ospiti. vedi punti 4. e 5. sopra.
4. il meccanismo della gara. se spettacolo deve essere, reintroduciamo l'eliminazione diretta, come è avvenuto quest'anno per i giovani. esibirsi significa sottoporsi al giudizio (e quindi anche al rifiuto), no? ah, e poi non capisco la presentazione di due canzoni per artista. boh.
6. la scelta del cast. i Sanremo di Ravera, Baudo e Aragozzini degli anni Ottanta (l'eterno ritorno...) hanno fatto scuola: 25% di vecchie glorie (alla Al Bano, per intenderci); 25% di cantanti già conosciuti e nel pieno della maturità (nel caso di quest'anno: bene Arisa, Renga e Noemi); 25% di scuola cantautorale e/o di gruppi, non necessariamente conosciuti ai più ma meritevoli di esserlo (mi vengono in mente Max Gazzè, Samuele Bersani, i Subsonica, i Negrita, gli Afterhours, etc.); 25% di outsider, che danno colore e non rientrano nelle categorie precedenti (vedi Francesco Salvi, Renzo Arbore, Elio e le Storie Tese - anche se in realtà sono musicisti pazzeschi-...).
ecco, le mie quattro cialtronate le ho dette. 
la copertina di TV Sorrisi & Canzoni
viene ora la riflessione finale: non so se abbia ancora senso un evento di questo tipo, in Italia.
la percezione che ci siano cose ben più importanti di cui discutere è certamente molto forte, soprattutto vedendo il nostro Paese dall'estero. 
ma è una premessa demagogica, lasciatemelo dire.
perché proprio per questo, e avendo vissuto sulla mia pelle momenti difficili, so bene cos'è che fa stare meglio: la positività, l'allegria, la capacità di alleggerire senza perdere la consapevolezza, la dolce nostalgia che ci ricordi chi siamo e da dove veniamo, e quanto sappiamo essere forti, per fare in modo di continuare a esserlo, di credere in noi stessi, di guardare al futuro con la grinta giusta.
d'altronde, pensateci: quando siete tristi, è davvero di aiuto un amico che fa la faccia compunta mentre magari sta pensando ai fatti suoi oppure l'amico che cerca di farci ridere, di distrarci, di fornirci la giusta prospettiva delle cose, di portarci in alto, di ispirarci?
ecco, forse di questa cosa strana che è il Festival di Sanremo l'Italia continuerà ad avere bisogno per molto, molto tempo ancora.
mai sottovalutare la portata dei sogni: finché ce ne saranno, il motore continuerà a girare.