Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

mercoledì 31 dicembre 2014

#208. 2014: un anno come non se ne vedevano da anni!

Due strade divergevano in un bosco d’autunno

e dispiaciuto di non poterle percorrere entrambe,

essendo un sol viaggiatore, a lungo indugiai

e ne fissai a lungo una, più lontano che potevo

fino a dove si perdeva nel sottobosco.

Poi presi l’altra, che era buona ugualmente

forse con pretese migliori,

e forse sembrava messa meglio,

perché era erbosa e meno calpestata;

sebbene in realtà le tracce fossero uguali in entrambe le strade.

Ed entrambe quella mattina erano ricoperte di foglie

che nessun passo aveva annerito.

Oh, mi riservai la prima per un altro giorno,

anche se, sapendo che una strada porta verso un’altra strada,

dubitavo sarei mai tornato indietro.

Questa storia racconterò con un sospiro

da qualche parte, tra molti anni:

due strade divergevano in un bosco ed io…

io presi la meno battuta,

e di qui ogni differenza è venuta.


Robert Frost

fiore di ciliegio
Cari amici,
le ultime settimane del 2014 stanno scorrendo come al solito, tra frenesie ingiustificate dell’ultimo minuto e voglia di riabbracciare i propri cari.
Quest’anno mi è stato difficile aggiornare questo blog, ma voglio rassicurare chi mi segue sul fatto che sto bene, e che è proprio per questo che la mia presenza qui si è fatta meno costante.
Finalmente, dopo molti anni, sono sulla strada giusta.
E questa volta lo dico davvero.
cattedrale di San Nicola, Fribourg
Non è stato un anno facile, sono sincera: ma è stato proprio questo a renderlo così prezioso. Ogni minuto di solitudine, ogni goccia di sudore, ogni dolore fisico era una prova inconfutabile che stavo diventando veramente, finalmente adulta.
E lo desideravo da anni, da quando - appena laureata - mi ero illusa che fosse tutto lì, che da quel momento in poi sarebbe bastato impegnarmi e fare le cose che dovevo fare.
Invece non è così: il corpo e la mente vanno conosciuti a fondo prima di essere spinti a duecento chilometri all’ora contro un muro di cemento. Avevo quasi trent’anni e questa cosa non la sapevo.
Amelie Wan Kenobi
Perché dopo lo schianto è difficile ricostruirsi, rimettere insieme i pezzi, e soprattutto la paura di farsi male ancora vince su ogni sogno, su ogni speranza di futuro.
Conoscersi significa rispettarsi, amarsi: sapere cosa vogliamo davvero, o almeno cercare di farlo, e saper bilanciare i nostri doveri con ciò che ci fa stare meglio.
Gingerino, guardiano del Rosengarten
Lo scorso marzo, durante una delle mie - per fortuna poche - interminabili notti in ospedale mi sono ritrovata sola, in bagno, alle prese con forti dolori post-operatori. Me li aspettavo, certo, sapevo che erano la normalità, eppure stavo male. Sapevo che non potevo scappare da quella situazione e che dovevo semplicemente accettarla, e attendere pazientemente che passasse. In quel momento ho ricordato questa frase, che per la verità non so nemmeno di chi sia: il dolore non è altro che la debolezza che abbandona il corpo. Ho iniziato a ripeterlo mentalmente, come un mantra, e il respiro si è fatto meno affannoso, il dolore meno intenso. Così è stato per i giorni a seguire, e durante tutta la convalescenza.
E lì ho capito.
Oakland Bay Bridge, San Francisco
Il dolore è una strada obbligata, ma è destinato ad andarsene. Bisogna avere fiducia.
Certo, avrebbero dovuto dircelo che, dopo la nascita vera e propria dal ventre materno, ce ne sarebbe stata un’altra, più faticosa, quando saremmo diventati grandi. Non è che succede a tutti alla stessa età: forse c’è qualcuno a cui non succede affatto. Però.
Resta il fatto che siamo soli. Facciamocene una ragione. Questa strada la percorriamo soli, con le nostre scarpe, i nostri passi. I compagni di viaggio potranno essere pochi o molti, questo dipende da noi, ma resteranno sempre compagni di viaggio. La fatica è tutta nostra.
io e il mio papà, estate 1979
E questi lentissimi sei anni di dolorosa scoperta di me stessa mi hanno portata proprio qui, in un posto dove mai avrei immaginato di essere: amata, consapevole, affamata di vita e con un sacco di progetti in testa. E bella.
Sì, bella. Lo dico a me stessa con stupore, perché troppo spesso non ci ho creduto. Sono bella come non ero nemmeno a vent’anni. O a sedici, quando certi compagni di scuola si rifiutavano persino di sedersi accanto a me.
io e l'ingegnere, Grand Canyon
Vorrei guardarvi in faccia oggi miei cari ex compagni di scuola, ora che siete adulti e - chissà - magari genitori. E vorrei farvi una pernacchia enorme sul muso. E vorrei dirvi che la vostra trasformazione in poverini è iniziata allora, quando dovevate essere semplicemente un grumo di entusiasmo e ingenuità e invece eravate già cinici e maligni.
io e la mia mamma, Gruyères
Perché se sei bruttina, insicura e introversa ci puoi lavorare sopra: se sei stronzo sei un caso disperato, per te non c’è redenzione.
E allora non ci resta che evitarli, questi stronzi. Cacciarli a pedate dalla nostra vita, se necessario. Anche solo metaforicamente. Smettere di sentire il loro sguardo giudicante addosso. E cercare semplicemente di essere la migliore versione possibile di se stessi, fragilità errori e difetti compresi.
Quanto a voi amici del blogghino - e spesso, amici anche nella realtà - vi abbraccio tutti, e vi ringrazio di esserci, ciascuno a proprio modo e con il proprio ruolo.
io, Chiara e il bagnino, Malibu 
So che oggi chi è nella mia vita merita di esserlo, perché ha saputo migliorarla. 
Il resto non mi interessa, e ormai non provo più nemmeno nostalgia.
E allora brindiamo alla mia guarigione, al mio tedesco che migliora sempre di più, a tutte le lingue che so e che continuo a studiare, alla mia maledetta tenacia, alla California e alle grandi e piccole esplorazioni di quest’anno, alle letture mai così numerose dai tempi dell’università, alla magnifica musica ascoltata, alla scrittura ritrovata ed esercitata con costanza, alle mille ispirazioni che mi circondano, alla mia nuova città che diventa sempre più mia e che ai miei occhi è sempre nuova come il primo giorno. Brindo alle mie nuove amiche, ai gatti di Berna e agli orsi del Bärengraben, agli amici di una vita ai quali si dovrebbe brindare sempre, alle famiglie a chilometri e chilometri di distanza ma sempre vicinissime, a un marito speciale oltre ogni misura, alla gattina Amelie mia maestra di vita, a tutti i dannati superlativi che uso perché davvero meglio di così non potrebbe essere.
E allora ciao, benvenuta mia cara età adulta. Ti aspettavo da così tanto tempo. E sei meglio, molto meglio di come ti avevo immaginata.
E buon 2015 a tutti noi!

a piedi nudi sull'erba, Gurten Park Bern

martedì 16 dicembre 2014

#205. year-end list/1: le canzoni. pop sensations e posizioni 20-11

Mai come quest'anno, tra le canzoni, è stato difficile scegliere. 
Le radio e le classifiche sono state quasi costantemente popolate da brani di ottimo livello, pop intelligente alternato a suggestioni elettroniche variamente declinate - dal pop, all'R&B, alla dance. Sembrano finalmente lontani i primi anni del Duemila coi loro personaggi di plastica, il trash e la mancanza di idee.
Oggi assistiamo a un predominio di figure femminili forti e di DJ in grado di riempire gli stadi, e in definitiva vediamo premiati coloro che hanno meglio saputo adattarsi al sistema multipiattaforma che è la musica odierna.
La mia classifica è quindi, mai come quest'anno, un buon compromesso tra i migliori ascolti personali e gli input arrivati dall'esterno, cercando di evitare i pregiudizi e lasciando spesso scegliere l'istinto.
A introdurre la classifica, quattro outsider che non hanno trovato posto nei primi 20, seguiti dal countdown vero e proprio fino alla posizione 11. 
Nel prossimo post vi svelerò infine i primi dieci classificati.

Buona musica a tutti, sempre comunque e dovunque.

Kiesza: Hideaway

Nell’anno in cui la musica elettronica e il tributo alla dance anni Novanta hanno dominato classifiche e universo mondo, Kiesza paga il suo tributo a house divas come CeCe Peniston e Robin S con questo esplosivo brano perfettamente in equilibrio tra pop e underground.
Radio e classifiche l’hanno premiata, e le orecchie dei nostalgici dell’early Nineties sound come chi scrive hanno accolto con gioia uno dei migliori tormentoni estivi degli ultimi anni.
video: http://youtu.be/ESXgJ9-H-2U

Katy B feat. Jessie Ware: Aaliyah

Le due voci femminili più ispirate dell’attuale scena elettronica inglese dimostrano di sapere come riempire il dancefloor, duettando magnificamente su un tappeto deep house che conduce dritto a un refrain dalla semplice efficacia. Aaliyah è non solo un omaggio a un talento dell’RnB precocemente scomparso, ma è l’atto di forza di due prime donne che, insieme ai Disclosure, stanno portando l’EDM britannica ben oltre i confini nazionali.
video: http://youtu.be/bdA8dDztOUE

Tove Lo: Habits (Stay High)

Dagli ABBA in avanti, passando per talenti più o meno mainstream come Roxette, Neneh Cherry, Ace of Base e Lykke Li, la Svezia è stata capace di sfornare inaspettati e fulgidi esempi di grande musica pop. Ultima, ma a giudicare dalle capacità autoriali non in ordine di importanza, è Tove Lo: classe 1987, con questo pezzo piazza uno dei migliori ritornelli dell’anno (e forse non solo), spiccando letteralmente in volo nel refrain dopo un’indagine secca e sincera sui metodi moralmente discutibili per non pensare al suo ex. Un autentico, catartico earworm da cantare col mascara sfatto e il bicchiere pieno.
video: http://youtu.be/oh2LWWORoiM

OneRepublic: Counting Stars

Gli OneRepubli di Ryan Tedder, autore profilico e talentuoso che sta dietro a molti dei grandi successi pop degli ultimi anni, con questo brano creano una sorta di summa di tutte le ispirazioni e gli spunti che stanno dietro alle grandi hit scritte per gli altri (Adele e Beyoncé su tutte).
In primis, salta all’occhio la naturalezza nella creazione di un grande ritornello: quest’anno è stata una gara ardua, con avversarie - sottolineo la E - temibilissime. In più, il ritmo serrato e quasi stomp, che rimanda alla grandiosa Rolling in the deep. Infine, la coloritura soul, qui ben distinguibile nel trionfo finale. Pezzo pop da manuale, cantato benissimo E, personalmente, colonna sonora della mia gita allo Yosemite.
video: http://youtu.be/hT_nvWreIhg

20. Sleater Kinney: Bury Our Friends

Riemergono dai meandri più oscuri degli anni 90 con un pezzo che parla alla pancia più che al cuore di chi, come me, è stato adolescente in quegli anni. Sì, ci sono le chitarre sgangherate e il cantato approssimativo, ma quello che conquista è il refrain, un vero e proprio inno intransigente: Exhume our idols and bury our friends / We're wild and weary but we won't give in!
E ci si ritrova a canticchiarla, quasi senza accorgersene, prima di tornare a questi fluidi, velocissimi anni 10.
video: http://youtu.be/b7flldNGy34

19. Angel Olsen: Unfucktheworld

C’è qualcosa, nella voce di Angel Olsen, che ti fa fermare di colpo qualunque cosa tu stia facendo. Sembra una voce proveniente dal secolo scorso, soprattutto per quel vibrato controllato ma capace di trasmettere una fragilità immensa. In questo brano, in special modo, i due minuti e 12 catapultano chi ascolta in una dimensione parallela dove non c’è tempo né spazio, solo una voce tremula e una chitarra monotona che però parlano una lingua comprensibile a tutti. Una canzone meravigliosamente appesa a un filo, una delle voci più belle sentite quest’anno (e non solo).
video: http://youtu.be/iNfnoLD_tAY

18. Stromae feat. Lorde, Pusha T, Q-Tip, HAIM: Meltdown

E’ stato bello vedere come il nome di Stromae, artista hip hop belga dal grande talento, comparisse in apertura alla colonna sonora del blockbuster The Hunger Games: Mockingjay curata dalla neozelandese Lorde.
E’ stato bello perché non solo il brano è magnificamente epico e moderno, nel tipico stile di Stromae (che non compare in voce, ma come produttore), ma perché in un mondo anglocentrico come quello della musica pop, per di più a corollario del classico filmone hollywoodiano, il primo nome della lista è quello di un ragazzone belga di origine ruandese. Chissà che il mondo intero, finalmente, si accorga del suo talento. (E brava, bravissima Lorde a fare questa scelta).   
video: http://youtu.be/MaLtcOvoTTo

17. Duck Sauce: aNYway

Fiore all’occhiello di uno degli album più cialtroni e adorabili dell’anno, questo brano in realtà è del 2009, ma è stato lanciato nel 2014. aNYway ha tutto ciò che si potrebbe chiedere a un infallibile pezzo dance virato al pop: una ballabilità naturale, un motivo catchy e supercantabile, un’attitudine divertita e divertente che coinvolge all’istante. Leggero e senza tempo, un pezzo da trenino da recuperare assolutamente per quei giorni che proprio no.
video: http://youtu.be/vWM5D3MwSgA

16. Tinashe feat. Devonté Hynes: Bet

Direttamente da uno dei debutti più intriganti degli ultimi tempi, Aquarius della ventiduenne losangelina Tinashe Kachingwe, brilla come un diamante l’avvolgente sensualità di Bet, brano impreziosito dal bellissimo assolo di chitarra finale di Devonté Hynes.
Un brano atmosferico e bollente, dove emerge la bravura di interprete e autrice di Tinashe, il suo modo sicuro di scandire il testo, la sicurezza con cui apprende la lezione di Aaliyah piegandola al suo mondo incandescente e cupo. Ipnotica.
video: http://youtu.be/7oj4URDeb2s

15. Lykke Li: No Rest for the Wicked

Ennesimo esempio della grande tradizione pop svedese, Lykke Li ne è in questo momento campionessa assoluta. E con pieno merito, come dimostrato da questo incantevole brano per cuoricini spezzati che ben figura in una collezione di canzoni di scarna, commovente sincerità. Lykke Li mette a nudo la sua anima e non possiamo che rimanere incantati dal respiro epico e, allo stesso tempo, dalla fragilità intensa della sua voce che emergono in questo brano dalla melodia istantaneamente classica. Rifugiatevi sotto una copertina calda e chiudete gli occhi, la voce di Lykke Li vi terrà compagnia.
video: http://youtu.be/Hh-0y8Qe0Sw

14. Sun Kil Moon: Ben’s My Friend

Ci sarebbe moltissimo da scrivere su questo magnifico brano del cantautore statunitense Sun Kil Moon, una canzone che è solo la più solare e pop di un album coeso e letterario tutto incentrato sul tema della morte.
Ben’s My Friend è un pezzo leggero come una piuma, arrotolato su stesso da un giro di chitarra acustica, e fluttuante nel sogno grazie a un dolce sassofono.
Sun Kil Moon racconta con dovizia di particolari una anonima giornata, tra un pranzo con la fidanzata, le telefonate ai genitori e il concerto di un suo amico, il Ben del titolo. Che è la chiave di volta del senso del brano, una dolcissima meditazione sul tempo che passa. Calda e commovente.
video: http://youtu.be/CMuo7GFXa0k

13. The Decemberists: Make You Better

Non so se sia oggettivamente tra le canzoni migliori dell’anno. Sicuramente lo è per me, colpita in un pigro pomeriggio qualunque dalla calda vibrazione emanata dal suo rock genuino e semplice. Alla Springsteen, per intenderci.
Ci sono brani che ci si aggrappano tenacemente al cuore perché stanno sulla nostra stessa lunghezza d’onda, e sanno trasmetterci sicurezza, e quella sensazione meravigliosa di posto al sicuro.
Scriverei una lettera per ringraziare i Decemberists, innanzitutto per complimentarmi della scelta del nome che si sono dati, e soprattutto per questo brano, uno splendore luminoso che mi ha svoltato una giornata qualsiasi. E’ poco?
video: http://youtu.be/Xq76aQRmbQA

12. Azealia Banks: Chasing Time

Se n’è uscita a sorpresa a novembre, dopo tre anni di annunci e smentite riguardo il suo album di debutto. E ha sparato una cannonata: un hip hop modernissimo, sboccato, imbastardito con l’house pop dei primi anni Novanta e un altro centinaio di sottogeneri. Tra tutti i brani, Chasing Time è il più immediato, ed è irresistibile: nella melodia, nel ritmo, nell’attitudine che lo fa precipitare nei nostri stereo direttamente dal 1990. Meravigliosamente insopportabile, Azealia è da tenere d’occhio senza indugi.
video: http://youtu.be/jtTjzDTpx8o

11. St Vincent: Prince Johnny

Il nome di Annie Clark - aka St Vincent - lo troverete in una vagonata di year end lists di gente super competente. Forse lo troverete anche nella mia: perché il suo album omonimo è lo statement potentissimo di una artista nella piena maturità. Cantante, autrice e chitarrista sopraffina, St Vincent ha creato un’opera compatta come un monolite, in cui Prince Johnny è uno dei momenti più leggiadri e ispirati: una dolce ninnananna RnB stramba e ipnotica, che inchioda fino all’ultima nota. Chapeau, Annie!
video: http://youtu.be/idllxjHbX7w

#207. year-end list/3: gli album

Quello che va chiudendosi è stato sicuramente un anno di grande musica, anche se molto interlocutorio. Ci sono stati grandissimi exploit solisti, soprattutto femminili, grande canzone d’autore con due eroi degli anni 90 e un paio di sorprese gradite.
A parte il primo posto, che è stato un fenomeno sociologico-musicale di grande impatto sulla cultura popolare - e che stacca di molte lunghezze tutti gli altri - la sensazione è stata quella di una omogenea eccellenza, senza però il gran numero di picchi altissimi dell’anno scorso. Oggi si fa moltissima musica, la si diffonde e condivide e comunica come mai prima d’ora, e forse proprio per questo la barra si è alzata così tanto, e i passi falsi (vedasi gli U2) vengono come rimossi e rigettati immediatamente dalla memoria collettiva.
Proprio per questo, a mio avviso, siamo in una fase interlocutoria: siamo in una fase in cui la musica sta tentando di autodefinirsi, di trovare nuove coordinate per interpretare al meglio i supersonici cambiamenti del nostro tempo. In questo panorama vince chi ha saputo trovare la propria voce: ridefinendo le regole del gioco, mettendosi a nudo, rifacendo al meglio ciò che è stato fatto nel passato, puntando tutto sulla musica, o sull’interpretazione, o sulla creazione di un’atmosfera, o sulla produzione.
Ho scelto forse le personalità, prima ancora che la musica.
Ho scelto gli statements più potenti dell’anno.
Spero, se ancora non li conoscete, di aiutarvi a farlo lasciandovi suggestionare dai miei consigli. Buon ascolto!


10. Run the Jewels: Run the Jewels 2


Sono convinta che l’hip hop non sia una faccenda da (brave) ragazze, profondamente misogino com’è. Fortunatamente, esistono le eccezioni ed eccolo, il capolavoro.
Run the Jewels è il progetto comune di due rapper all’apice della loro carriera: El-P e Killer Mike. Sono nomi che alla più parte non diranno nulla: ci basti sapere che si tratta di due amici e campioni dell’underground hip-hop con carriere più che decennali alle spalle.
La produzione è la migliore sentita quest’anno: beat violentissimi dietro inaspettate aperture melodiche, campionamenti sempre a fuoco, il tutto a sostenere il flow impeccabile di entrambi. Che, diciamolo, 
complice la loro dialettica interrazziale non le mandano a dire a nessuno palleggiandosi con fluidità le rime con una lucidità e franchezza che dovrebbe essere la cifra per eccellenza del rap. In questo senso, siamo di fronte a uno dei migliori tentativi di cogliere lo zeitgeist di un’epoca supersonica e molto violenta, quasi a fornire la colonna sonora alle proteste per gli eventi di Ferguson e New York (ascoltate Early). 
Necessario, sfrontato, profondo.
la migliore è: Close Your Eyes (And Count To Fuck) feat. Zach De La Rocha
ma io ti consiglio anche: Blockbuster Night Part 1; Lie, Cheat, Steal; Early feat. Boots

9. Sia: 1000 Forms of Fear

Sia Furler è la campionessa pop del 2014: negarle questo titolo è disonestà intellettuale. Riluttante ed elusiva com’è, la trentottenne australiana sembrava destinata a rimanere soltanto autrice di canzoni pop sontuose ed epiche: Diamonds di Rihanna, Titanium di David Guetta, Pretty Hurts di Beyoncé - per citare le più famose.
Quello che nessuno immaginava è che si fosse tenuta le migliori per sé: e ci si trova inaspettatamente tra le mani una delle più memorabili confezioni pop degli ultimi anni. Certamente c’è una sensazione di familiarità nelle melodie, visti i trascorsi, ma quello che qui fa la differenza è la voce di Sia, capace di volare altissima e di spezzarsi sulle note più impervie per eccesso di sensibilità.
Se non avete paura di emozionarvi, questo è decisamente l’album che fa per voi.
Da far scoppiare il cuore.
la migliore è: Chandelier
ma io ti consiglio anche: Eye of the Needle; Elastic Heart; Free the Animal

8. Lana Del Rey: Ultraviolence

Lana Del Rey, autrice di uno dei più impressionanti esordi degli ultimi anni, avrebbe potuto continuare a giocarsi la carta della bambola dark per il resto dei suoi giorni.
Sceglie invece una strada obliqua: la resa compatta e coerente di un’atmosfera, tra decadenza e disillusione. Lo fa senza per questo rinunciare al suo immaginario, che costituisce il fascino e il punto primo di interesse del suo personaggio, ma scegliendo il codice della canzone rock, con un omaggio a certe tematiche balorde alla Lou Reed (nella magnifica Brooklyn Baby) ma anche alla psichedelia della grande tradizione rock californiana.
Il tutto rinunciando a pomposità orchestrali e volgarità in fase di produzione che appesantivano il suo esordio, facendo propendere per la teoria del bluff.
Un secondo album come questo è la migliore risposta ai detrattori: piaccia o meno, Lana Del Rey è un’artista con molte cose da dire, e oggi non è poco.
la migliore è: West Coast
ma io ti consiglio anche: Shades of Cool; Brooklyn Baby; Black Beauty

7. Jessie Ware: Tough Love

Anche Jessie Ware era attesa con impazienza all’impegnativa prova del secondo album: troppo raffinato, sensuale e significativo era stato il suo debutto Devotion. Qui Jessie continua su una strada che privilegia l’intensità dell’interpretazione, nonostante la sua voce lasci intuire di saper fare ben altro e, affidandosi ancora una volta a una schiera di autori e produttori di altissimo livello, mette definitivamente il sigillo al suo status di erede legittima di Sade e Lisa Stansfield.
Talvolta tradisce la volontà - sacrosanta - di ampliare la sua fetta di pubblico, e si avvicina a un pop-soul più di maniera, ma quando invece non teme di osare si svela in tutta la sua originalità, rivelandosi la voce per eccellenza della grande e eterogenea scena elettronica britannica.
Classe e grandi canzoni per la piena riconferma di una voce magnifica.
la migliore è: Keep on Lying
ma io ti consiglio anche: Tough Love; Cruel; Want Your Feeling

6. La Roux: Trouble in Paradise


Dopo un acclamato primo album omonimo che preannunciava l’invasione synth pop dei primi anni Duemiladieci, i La Roux di Elly Jackson erano spariti dalle scene. Il ritorno è una gioia per le orecchie che riprende la forma del pop artificiale dell’esordio, propendendo però per un’ambientazione estiva e rilassata: fin dalla copertina, coloratissima e californiana, ci è chiaro che ascolteremo una omogenea e irresistibile collezione di canzoni pop da spiaggia e da dancefloor sul tema eterno dell’amore. Un album di grande coerenza, tenuto insieme dalla apparentemente gelida voce di Elly che imprime il timbro pesante della sua personalità a canzoni pop di semplice complessità. In una parola: cool.
la migliore è: Uptight Downtown
ma io ti consiglio anche: Kiss And Not Tell; Paradise Is You; Let Me Down Gently

5. Beck: Morning Phase

Gli album che vanno ascoltati in cuffia di solito perdono sostanza alla prova dello stereo: le magie in fase di produzione vanno inevitabilmente perse, anche se ciò non necessariamente è un problema per chi ascolta. Di solito lo è per i malati di musica, ma la maggior parte delle persone ha una immediata sensibilità per la melodia, che viene invece valorizzata dall’ascolto ad alto volume. Morning Phase è uno dei pochi album che vince su tutta la linea: sorprendentemente originale e pulito nell’ascolto a solo, è in grado di riempire ogni stanza quando viene sprigionato dalle casse. Merito della produzione, dei sontuosi arrangiamenti orchestrali e di melodie di grandiosa classicità: un album dietro al quale c’è un grande lavoro autoriale, ma anche la capacità di rendere una sensazione, quella del risveglio, senza trucchi ma con speciale sensibilità di artista. Positivo, rinfrancante e a tratti dolcemente malinconico, è un album che mai mi sarei aspettata dal riluttante antieroe di Loser.
la migliore è: Waking Light
ma io ti consiglio anche: Blackbird Chain; Wave; Unforgiven

4. St Vincent: St Vincent

Ho già dato un’occhiata in giro e non ci sono dubbi: per la stragrande maggioranza delle testate musicali Annie Clark - questo il suo vero nome - vince a man bassa svariate classifiche dei migliori album dell’anno. Me lo aspettavo? Sì, perché St Vincent non solo è un album ispirato e originalissimo, ma perché è la dichiarazione di una artista che ha saputo sviluppare il suo pieno potenziale, allineando magicamente tutti i suoi pianeti - testi, musica, arrangiamenti, video, styling - per creare un mondo che è tutto suo, esclusivamente suo.
Chitarrista sopraffina (per me, un bonus di due milioni di punti), interprete di gran classe e lingua tagliente, St Vincent è potente sia nelle sfuriate rock sia quando flirta col funk o col soul. Tra alienazione da abuso di social network e acuta resa delle contraddizioni moderne Annie crea il capolavoro, che sfiora il podio solo per eccesso - talvolta - di freddezza. O forse è solo un altro espediente narrativo per interpretare da lontano la nostra realtà. Per il resto, potenza pura di una artista al suo zenit.
la migliore è: Prince Johnny
ma io ti consiglio anche: Digital Witness; I Prefer Your Love; Severed Crossed Fingers

3. Chromeo: White Women

La terza posizione è una mia debolezza, è una dichiarazione d’amore per la musica fatta bene: lunga vita ai Chromeo, autori dell’album meglio suonato e più divertente dell’anno. Reduce da problemi di salute avevo bisogno di uno scossone, ed è giunto a proposito il loro irresistibile White Women: un omaggio alla tradizione pop-soul degli anni Ottanta in una raccolta di canzoni ironiche, ricche di inventiva e talvolta cialtrone, sempre eseguite con quell’attitudine che non fa mai pesare quanto lavoro ci sia dietro. E ce n’è tanto: dietro ogni basso slappato, ogni ricamo di chitarra, ogni tocco di sintetizzatore, dietro quella frase ironica o quell’arrangiamento inaspettato c’è la profonda perizia e conoscenza di due signori che ne sanno un sacco ma preferiscono fare quelli che si divertono. Un Random Access Memory elegantemente rétro e senza sicumera, che vi svolterà anche la peggiore delle giornate. Garantito.
la migliore è: Lost On The Way Home feat. Solange
ma io ti consiglio anche: Sexy Socialite; Old 45's; Fall Back 2U

2. Damon Albarn: Everyday Robots

Inquieto e creativo, Damon Albarn è stato non solo una cotta per molte di noi adolescenti degli anni Novanta, ma anche l’ex-Blur di maggiore successo dopo lo scioglimento della band. I Gorillaz soprattutto, ma anche altri svariati progetti paralleli avevano mostrato la sua onnivora curiosità di musicista, rendendolo autore rispettato anche oltreoceano. Everyday Robots è il suo secondo album solista, ed è quello in cui fa i conti con se stesso, mettendosi in gioco completamente: musica e testi, senza filtri. E la musica accompagna in modo misurato e calzante queste amare confessioni: con i mille giochini di produzione - loop, suoni robotici, carillon -, le melodie di bellezza cristallina e senza tempo e la sua voce mai così espressiva e sofferta. E’ stato dolce perdersi in questo intenso flusso di coscienza, e quello che rimarrà nel tempo saranno alcune tra le più belle melodie pop di sempre. Un incanto.
la migliore è: The Selfish Giant
ma io ti consiglio anche: Lonely Press Play; Mr Tembo; Everyday Robots

1. Beyoncé: Beyoncé


Pochi artisti, arrivati all’apice del successo planetario, rischiano così tanto: a mia memoria lo fecero soltanto U2 (con Achtung Baby) e R.E.M. (con Monster). Correggetemi se sbaglio.
Beyoncé, che non a caso è omonimo, è l’opera di una artista al suo culmine professionale e personale che mette in campo tutte le sue risorse e le sue relazioni per realizzare quanto di più vicino vi sia alla sua visione.
E lo fa con un album cupo, un pop certamente non pensato per raggiungere la vetta delle classifiche ma per aprire una strada, senza temere di rivelarsi a tutto tondo come moglie, madre e prima di tutto donna.
Una donna che ha il pieno controllo dei suoi mezzi e delle sue potenzialità, e si trova nella invidiabile - e meritata - condizione di riscrivere le regole.
Non solo a livello di contenuti: l’uscita stessa dell’album è stato un evento di grande impatto sulla cultura pop e sulle modalità di fruizione e distribuzione della musica.
E poi l’utilizzo intelligente dei social network non solo per annunciare l’uscita dell’album, ma per comunicarlo e diffonderlo nei mesi seguenti a più livelli: su Youtube i video di ogni singola canzone sono diventati virali, estrapolazioni di testo sono diventati hashtag popolarissimi come #surfbort o #iwokeuplikethis, su Instagram veniva dato spazio all’accurata immagine privata della nostra per non parlare del colpo di marketing geniale della rissa in ascensore tra la sorella Solange e il marito Jay-Z che si è diffuso su ogni piattaforma.
Chi oggi fa musica deve fare i conti con la sfida lanciata da Queen B: una grande artista che ha saputo mettersi in gioco all’apice della sua carriera rischiando di perdere tutto.
E che invece ha riscritto le regole per chiunque voglia fare questo mestiere.
la migliore è: ***Flawless
ma io ti consiglio anche: Rocket; Partition; XO

#206. year-end list/2: le canzoni. la top ten!

Ed ecco a voi, come promesso, la top ten!
Troverete tutti i brani della mia year-end list di quest'anno - e molti altri che per motivi di spazio non vi racconto qui - nella mia playlist Spotify seguendo il linktheswissbride's favorites 2014. Il mio consiglio è di ascoltarla in shuffle.

Che la musica sia con voi amici!

10. Lana Del Rey: West Coast

Dopo un primo album interessante e imperfetto, nonché di grande successo, ci si aspettava da Lana Del Rey un’insistere sulle note del suo pop cupo e orchestrale costruito su codici come il romanzo noir e il blockbuster hollywoodiano. Fortunatamente non è stato così, e Lana ci ha regalato un album rock prezioso e autorevolmente rétro. In questa intensa collezione di canzoni brilla l’ammaliante West Coast, omaggio senza retorica al dark side del mito californiano. Un ritornello che inaspettatamente rallenta, la voce come sempre cinematografica di Lana Del Rey e il tocco magico di Dan Auerbach dei Black Keys alla produzione. Un sogno che non stanca nemmeno dopo venti ascolti.
video: http://youtu.be/oKxuiw3iMBE

9. Jessie Ware: Keep on Lying

Il vero gioiello di un album elegante, maturo e deliziosamente femminile è una dolce bossanova, minimale e pulita, che si schiude come un fiore per aprirsi in uno dei refrain più magici ascoltati ultimamente. Jessie Ware non solo ha una voce magnifica, ma è una grande interprete, misurata e intensa, che meriterebbe un successo maggiore. Riempite la casa di candele e, se non avete qualcuno con cui ballare, fatelo da soli. La magia sarà la stessa.
video: http://youtu.be/-2yOYonrSEc

8. Banks: Brain

Una cantante e compositrice di cui si sa poco o nulla: eppure Banks, losangelina di ventisei anni con una sconfinata ammirazione per Lauryn Hill e Fiona Apple, è titolare di uno dei migliori debutti dell’anno. A splendere come un diamante nero è questa scomposta e cupa Brain, un R&B dark che ricorda la migliore Aaliyah e che svela lentamente tutta la sua emotività per esplodere in un urlo liberatorio e poi ritrarsi nuovamente. In loop sul mio iPod negli ultimi mesi.
video: http://youtu.be/NL9T42SVnN0

7. Beck: Waking Light

Che io ricordi, nessuna canzone ha mai saputo rendere con altrettanta sincerità e verità il momento meraviglioso dello stupore del risveglio. Una melodia incantata e incantevole, la degna chiusura di un album che non potete perdere per la sua capacità miracolosa di prenderci per mano e farci smarrire in tutte le piccole grandi meraviglie che ci circondano.
Un rock alieno, rétro e arioso, per far entrare in circolo aria cristallina. Respirate profondamente.
video: http://youtu.be/ixtNYSiNyO4

6. Interpol: All the Rage Back Home

Perdonatemi se perdo un po’ del mio aplomb, ma un ritorno così in grande stile per i miei amati Interpol non me l’aspettavo proprio: e invece rieccoli, in forma smagliante, elegantissimi come sempre, ma questa volta più tirati, dinamici e a fuoco. L’incomprensibile testo, che fa intuire una tematica amorosa, sfiora appena il muro di suono costruito con precisione architettonica da una band in grande forma. Un abbraccio a loro.
video: http://youtu.be/-u6DvRyyKGU

5. Run the Jewels feat. Zack De La Rocha: Close Your Eyes (and Count to Fuck)

Prima di far partire questo brano assicuratevi che non ci siano bambini intorno: perché questa è musica che spettina, amici. Quando l’hip hop è grande escono fuori capolavori come questo, dove la furia delle liriche è degnamente sostenuta da una produzione dinamica e compulsiva, fatta di loop che non escono dalla testa e beat potenti come un uragano. Il fatto che Zack De La Rocha, voce degli amatissimi Rage Against the Machine, chiuda col botto il pezzo dopo averlo puntellato per tutta la sua durata è la dimostrazione che ci troviamo in un pericolosissimo campo minato. Dimenticate tutti i peggiori pregiudizi sull’hip hop: questo dà dipendenza e piace anche a noi signore.
video: http://youtu.be/UvVuEEPM3j0

4. Chromeo feat. Solange: Lost on the Way Home

Un altro featuring perfetto: Solange, la sorellina indie di Beyoncé, unisce le sue forze con quelle dei Chromeo, sottovalutato duo di musicisti canadesi autori di un disco che è una gioia per chi ama la musica.
Questo brano è forse l’unico momento serio di una collezione di canzoni spassose e irresistibili: una storia d’amore che gioca tutta sul filo tra romanticismo e malinconia, ma senza mai sprofondare nella tristezza. Merito del magnifico arrangiamento che omaggia il grande soul patinato degli anni Ottanta, e grazie anche alle dolci voci dei due protagonisti, che svelano con tenerezza i propri dubbi e le proprie fragilità. Umana e raffinatissima e, personalmente, fidata amica in cuffia. Adorabile.
video: http://youtu.be/Z2HZVt3S6rk

3. Damon Albarn feat. Bat for Lashes: The Selfish Giant

Arriva terza soltanto perché le prime due sono delle fuoriclasse assolute e mi hanno colpita e affondata ben oltre i reali meriti musicali. Ma The Selfish Giant è la perfezione fatta musica. Damon, carissimo eroe della mia adolescenza complicata, tu qui sei di una bravura che commuove. Costruisci in punta di piedi, quasi come se non volessi farti sentire, una delle melodie più incantevoli che io ricordi. E lo fai con la complicità di Bat for Lashes, una delle cantautrici più sensibili e originali che ci siano in circolazione. Le vostre voci spettrali, il carillon, gli effettini sonori, le mezze parole, i sussurri, il pianoforte elegante, tutto sta al posto giusto. Un groppo in gola che si ripete a ogni benedetto ascolto. Accidenti a te Damon, eroe della mia adolescenza complicata (con Eddie, ma questa è un’altra storia).
video: http://youtu.be/Fs6hlQvqrCY

2. Beyoncé: ***Flawless

Potremmo disquisire ore su questa canzone. Ci sarebbero i detrattori di Beyoncé, quelli che mettono in discussione la sua buona fede, il suo matrimonio e persino la circonferenza della sue cosce. Ci sarebbero gli adoratori, per i quali la stessa è la diretta erede di Madre Teresa di Calcutta. A me non interessa: so solo che questo brano è stato importante, importantissimo per il mio 2014. Musicalmente è interessante, certo, ma ciò che davvero mi ha colpito è stato il messaggio, sia esso stato per Queen B sinceramente sentito o un semplice trend da cavalcare. Nonostante ci sia ancora tanto, troppo da fare, il fatto che un personaggio iconico e così trasversalmente amato come Beyoncé utilizzi la sua popolarità per parlare di femminismo, riportando anche le preziose parole della scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie, è quantomeno significativo. Lascio ad altri le necessarie analisi sociologiche: per quanto mi riguarda, questa canzone mi ha ispirata come poche altre nella mia vita, dandomi forza e fiducia in me stessa quando queste vacillavano pericolosamente. Mi sembra un motivo sufficiente per amare una canzone con un tormentone così irresistibile come I woke up like this. Piaceva persino alla gatta Amelie, per dire.
video: http://youtu.be/IyuUWOnS9BY

1. Sia: Chandelier


Il mio iPod parla chiaro: questa è la canzone che ho ascoltato di più per tutto il 2014. Non sono sola:
Chandelier piace a tutti, in barba a latitudini, età e gusti musicali. E’ un brano che fa della perfezione pop e dell’interpretazione magistrale i suoi cardini: di qui non si scappa, se volete darvi alla musica moderna. Vi potrà piacere il death metal, potrete esprimervi in growl nella vita quotidiana ma non importa, perché alla magia di Chandelier non scamperete nemmeno voi.
Il merito è tutto di Sia, un nome che a molti fino a pochi mesi fa non diceva nulla ma a cui dobbiamo grande rispetto perché è il nome che sta dietro a canzoni enormi come Titanium di David Guetta, Diamonds di Rihanna, Pretty Hurts di Beyoncé e molte, molte altre (non fate gli schizzinosi, parliamo di grande musica pop).
Un’autrice schiva, terrorizzata dalle apparizioni sul palco, ma che si tiene per sé il pezzo che vale una carriera, quello che parte in sordina, somigliando troppo a Rihanna (anche se in realtà è Rihanna che la imita, si sappia) per poi deflagrare nel refrain definitivo, uno slancio epico ed emotivo così grande da far venire voglia di spiccare il volo.
Come ***Flawless, anche questa è una canzone di autodeterminazione, di profonda fiducia e rispetto di se stessi, quale che sia la nostra natura: e se qualcosa sa farci volare alto, sia una canzone da tre minuti o un film o un romanzo da 2000 pagine, per me non cambia, mi tolgo il cappello e alzo il volume.
video: http://youtu.be/2vjPBrBU-TM