Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

martedì 21 giugno 2016

#217. l'estate è la mia stagione: i miei 43 motivi e una premessa nostalgica


L’estate è la mia stagione: adoro mettere i sandali, girare per casa con il vestitino leggero e i piedi nudi, mi piace tornare a casa sudata e stanca e sentire la frescura rigenerante appena varcato il portone. Adoro abbassare tende e tapparelle e lasciare che il sole e il caldo filtrino appena dalle fessure, mi piace sentire i rumori della città che passano dalle finestre aperte e vedere i fiori nel pieno del loro splendore aprirsi finalmente al sole.
Mi rende felice mangiare sul terrazzino, dalla colazione alla cena, e accendere le lanterne la sera, a ricamare disegni andalusi sul muro ancora rovente.
Ricordo le afose e grigie estati torinesi e ci faccio la pace, mi tornano in mente le interminabili camminate lungo corso Vittorio fino al Po, e al ritorno la ricerca di un po’ d’ombra nella mia adorata via Mazzini.
Ricordo le estati da adolescente, lunghissime e spesso trascorse senza vedere il mare neanche una volta, passate in buona parte in compagnia di persone che non mi piacevano e che frequentavo per non stare sola.
Quella Torino è un ricordo amaro, le sue strade e i suoi giardini mi rimandavano indietro un senso di inadeguatezza che a lungo mi è rimasto appiccicato addosso, proprio come afa estiva.
L’estate è la mia stagione, e quando dicevo di detestarla era perché ero adolescente e mi si paravano davanti mesi di noia senza poter vedere i ragazzi che mi piacevano.
Eppure, anche in quel periodo, amavo la siesta pomeridiana con le tapparelle che lasciavano filtrare lunghe strisce di sole sul muro, mi piaceva tornare dalla passeggiata in centro e andare a prendere il ghiacciolo al limone sempre nello stesso bar di via Monginevro, e amavo perdermi nel suono della musica la sera dopo cena, mentre i miei guardavano la tv e io indossavo le cuffie, sognando di amori estivi alla finestra mentre fuori l’asfalto continuava a restituire calore, solcato solo raramente da qualche macchina.
Ma l’estate non è solo questo, è anche la somma di mille altri ricordi buffi e meravigliosi.
E’ il dopo cena da mia nonna Anaide, sulle panchine di corso Rosselli, dove non tirava un refolo di vento e il silenzio stanco della strada era spezzato solo dalle romanze cantate da un signore del quartiere appassionato di lirica; sono i viaggi in macchina verso la Riviera Romagnola, io i miei e mio cugino Denis, felici su macchine sgangherate che, quando gli si rompeva un radiatore, l’unica acqua disponibile era quella delle pompe a getto, nei campi, e ci si lavava dalla testa ai piedi; sono i pomeriggi ai giardinetti di corso Ferrucci con R., le interminabili chiacchiere tra panchine e altalene, e poi, quando lei andava in vacanza, la gioia nel sapere che era arrivata una sua nuova lettera dal mare in cui mi raccontava nei minimi dettagli tutto quello che le succedeva, e mi pareva di essere anch’io lì con lei; è l’androne del palazzo di S., freschissimo e ristoratore dopo le lunghe passeggiate in centro, e l’anguria messa a raffreddare in un secchio con l’acqua corrente da sua madre, e il momento in cui l’addentavamo sbrodolandoci tutte, ma soddisfatte; è l’estate del ‘95, sospesa nella speranza che F. mi dicesse sì e passata a fantasticare più del solito e finalmente a crederci anche io, con l'impagabile complicità di M.; è quella del ‘96, trascorsa con R., in cui per molti pomeriggi imparammo a conoscerci e a volerci bene sulle panchine di piazza Solferino e che fu memorabile per quella cassettina di musica soul che lei mi compilò, e che feci ascoltare ai miei nel lungo viaggio verso le vacanze in Toscana; sono le chiacchiere in macchina con S. e sua sorella, e il gelato da Gatsby, e quel sabato sera in una discoteca in collina e il nostro micropisolo in macchina prima di arrivarci; è l’estate più incredibile della mia vita, quella del 2000, quella dei 21 anni e dell’incontro con Giordano, e poi quella del 2001, a San Pietroburgo, con R., la migliore compagna di viaggio di sempre, a scoprire nuove parti di me stessa e a stupirmi come anche lì potessero esserci 36 gradi e il sole fino alle 11 di sera; e infine tutte le estati successive, ad attendere il momento di scendere in Sicilia, e poi la vittoria dell’Italia ai Mondiali del 2006, e i ritorni dalle vacanze con relativi resoconti, e tutte le mini gite, con gli amici più cari che magari ora non sono più compagni di viaggio ma che avranno sempre un posto prezioso dentro di me.



Potrei citarne miliardi, di mini-ricordi come questi.



Ma quello che più amo e ho sempre amato, a prescindere dal periodo della vita in cui mi trovo, sono queste cose:

  1. svegliarmi con la luce del sole che già filtra dalle tapparelle
  2. preparare grandi ciotole di insalate di pasta e non accendere i fornelli per un paio di giorni
  3. mangiare un sacco di frutta che adoro: fragole, albicocche, angurie, meloni, pesche
  4. andare in piscina ed entrare in acqua tremando per lo sbalzo termico
  5. guardare la pelle arrossata dal sole dopo una giornata ad abbronzarmi e controllare i segni del costume e quindi
  6. avere bisogno di molto meno trucco
  7. vedere la gente allegra che si gode l’aria aperta, i tavolini fuori dei bar, le gite alla domenica, i picnic sull’erba
  8. ascoltare le radio commerciali per scoprire quali sono i tormentoni dell’estate
  9. fare le playlist per i viaggi lunghi in macchina
  10. abbassare le tapparelle di casa nelle ore più calde per fare entrare meno calore
  11. fare la siesta con le cuffiette
  12. pranzare da sola sul terrazzino guardandomi vecchi episodi di Beverly Hills 90210/La Tata/Daria
  13. mangiare il gelato per strada, stremata dal calore, e assaporarlo fino all’ultimo morso
  14. i ghiaccioli al limone
  15. tamponare Amelie con un panno bagnato fresco e vedere che le piace un sacco
  16. dormire senza lenzuola, con le finestre aperte
  17. fare il pisolino con mia mamma a casa sua, tenendoci per mano mentre chiacchieriamo prima di addormentarci
  18. andare nei supermercati e cercare refrigerio nel reparto surgelati
  19. mettere la testa nel frigo
  20. preparare il ghiaccio per le bibite
  21. mettere i piedi a bagno nell’Aare ghiacciato
  22. pianificare le vacanze e contare i giorni
  23. accendere le lanterne alla sera, col buio più assoluto
  24. innaffiare le piante alla sera
  25. i vestitini
  26. l’odore dei costumi da bagno
  27. i cani che fanno il bagno (nel fiume, nel lago o nel mare)
  28. le cartoline
  29. le chiacchiere al buio, mentre la città si ritira accaldata
  30. gli ultimi preparativi prima delle ferie
  31. le cicale
  32. i grilli
  33. i pediluvi lunghissimi e la cremina per i piedi ghiacciata
  34. le repliche di vecchie commedie in tv
  35. l’ombra degli alberi
  36. i saldi
  37. le città di sera
  38. le riviste da leggere nei momenti di ozio
  39. i piedini nudi dei bimbi nei passeggini
  40. asciugare i capelli all’aria
  41. camminare a piedi nudi per casa e, quando possibile, sull’erba fresca
  42. fare La Settimana Enigmistica e risolvere i cruciverba difficili
  43. IL MARE.

BUON SOLSTIZIO D'ESTATE! (photo courtesy Pinterest)





martedì 7 giugno 2016

#216. buon 7 giugno e soprattutto buon #findingmyvoice day!

E insomma il blogghino esiste ancora, per chi se lo stesse chiedendo.
Ma la vita accade e, siccome ha sempre ragione lei, le oppongo meno resistenza possibile.
Funziona così: in mancanza di tempo libero, bisogna tornare ai fondamentali, a ciò che è davvero importante.
E siccome c'è un po' questa abitudine, ultimamente, di dedicare una giornata a qualsiasi cosa (spesso con gatti gattini e gattacci di mezzo) ho pensato chi sono io per NON inventarmi una giornata mondiale di qualchecosa? 

Avendo da poco ritrovato in soffitta (qui a Berna, eh? Che tenerezza) tutti dico TUTTI i miei diari personali dell'adolescenza, devo dire che oltre a essermi divertita come una matta e avere anche pianto a dirotto mi son ritrovata a pensare, appunto, ai fondamentali.
L'adolescente contiene in sé tutti i possibili adulti che può diventare e scopre la sua strada imprecando, inciampando, ma anche saltellando allegramente.
E quanta gioia ho provato nel rivivere su quelle pagine sgualcite la mia memorabile estate del 1995, e quante emozioni nel rivedere proprio la data di oggi: 7 giugno.
Quindi ho deciso: ogni anno, il 7 giugno, festeggerò il mio personale #findingmyvoice day, perché tutti ce lo dovrebbero avere un giorno così, un giorno in cui tutto si rivela, in cui fai una cosa di cui avevi paurissima, in cui capisci un po' meglio chi sei, in cui si accende una luce e chi vuole spegnertela deve passare sul tuo cadavere.

Se volete, questa giornata può diventare anche la vostra. Oppure scegliete un'altra data, in cui è successo qualcosa di simile anche a voi. Altrimenti, leggete qui che vi racconto bene cos'è successo quel giorno.

Ero una sedicenne profondamente insicura, impacciata e infelice; non valorizzavo il mio aspetto e non mi sentivo minimamente apprezzata dai ragazzi. Tutto questo creava un circolo vizioso di vittimismo, inesperienza e immobilità che non faceva che alimentare la mia purtroppo già evidente tendenza alla depressione.
Sul diario raccontavo prevalentemente dei ragazzi per i quali avevo una cotta, elencando allo sfinimento tutte le nostre sterili occasioni d’incontro ed esaminando ogni battito di ciglia dei malcapitati. In realtà c’era una spiegazione funzionale per tutto questo: avevo pochi amici, una situazione conflittuale in casa e dei pessimi rapporti coi miei compagni di classe che talvolta sfociavano in veri episodi di bullismo, e dunque l’unico momento di svago e di gratificazione era poter anche solo vedere l’oggetto delle mie attenzioni e magari notare uno sguardo rivolto nella mia direzione. Nel diario menziono poco tutte le difficoltà vere dei miei sedici anni, e se non fosse che invece ne ho un vividissimo ricordo dubiterei della loro stessa esistenza.
Ma, appunto, esistevano: e sentivo che non era giusto così, che c’era sicuramente una parte di mia responsabilità ma anche che forse il mondo che mi circondava non era fatto per persone introverse e poco sociali come me.
In questa tensione venivo continuamente tirata ora da una parte ora dall’altra, tra la necessità e il dovere di essere me stessa da un lato e il bisogno di essere accettata, di diventare un animale sociale dall’altro.
A metà della seconda liceo vissi un momento terribile: venni presa di mira da un compagno di classe (“ehi, brutta? guarda che l’unica brutta della classe sei tu”: sarei curiosa di vedere che trentasettenne sei diventato, pezzodimm***. Ma sui social - ahimè - non esisti), le mie amichette del cuore di allora mi voltarono le spalle, la mia amica storica - con cui ero cresciuta - si stava definitivamente allontanando da me. Scrissi parole molto brutte sul mio diario, parole che nessuno vorrebbe mai leggere ma, come ogni volta mi accadrà in momenti rivelatori come questo, seppi far uscire la voce della mia vera me, che reclamava il suo posto nel mondo.
Decisi di circondarmi solo di persone simili a me ma che soprattutto sapessero infondermi autostima, coraggio e determinazione nel voler cambiare le cose. In una parola: che sapessero ISPIRARMI.
Fu una scelta saggia: due di queste nuove amiche mi presero letteralmente per mano, il 7 giugno di ventuno anni fa, e mi dimostrarono coi fatti come funziona una vera amicizia.
Ad accompagnarti là dove più ti tremano le gambe e a dirti: ora tocca a te, ma noi siamo qui. Non faremo le cose al posto tuo, ma ci saremo se avrai bisogno di noi. Tu sei speciale, non devi temere nulla: comunque andrà, noi ti vorremo bene lo stesso.
E così furono loro ad avvicinarsi al ragazzo che allora mi piaceva, ma fui io a parlarci e a metterci la faccia. Fui io a telefonargli per capire che intenzioni avesse, dopo un mese di ambiguo silenzio, ma fu una di loro a tenermi la mano che tremava mentre con l’altra tenevo la cornetta. Fui io a scrivergli una lettera durissima a reclamare chiarimenti e prese di posizione, ma fu in seguito l’altra mia amica a chiamarlo e a difendermi, facendolo sentire piccolo così. E alla fine fu lui a venire a cercarmi - per silurarmi, detto senza troppi giri di parole - ma a chiedermi scusa 300 volte, a evocare fantomatici casini che gli erano capitati, a dirmi che gli ero davvero piaciuta, che avevo un gran caratterino e che in generale avrei potuto avere tutti i ragazzi che volevo (non lui, evidentemente, che mi raccontava di avere la ragazza da poco).
E lì io capii di non aver bisogno di lui, ma di sentirmi dire esattamente quelle cose: ed era un diritto che mi ero conquistata uscendo dalla mia zona di comfort e scoprendo nuovi, inediti lati di me stessa.
Quel 7 giugno accese una luce dentro di me che mai si è spenta, sebbene tante e tante volte offuscata, e ogni anno questa giornata mi ricorda di quanto so essere forte e di quanto, anche, sia una fenomenale e super rompicoglioni drama queen.

Buon 7 giugno a tutti, e ROAR.




giovedì 31 dicembre 2015

#215. best of 2015: le cose più belle (seriamente)

qui ci sta un po' tutto: cose che fanno ridere oltre misura, cose che fanno stare male, cose che ci fanno tornare ad avere fiducia nel genere umano e cose che ci spiegano cos'è VERAMENTE l'amore (lasciatele perdere, le commedie romantiche). nessun commento, spero gradirete la mia selezione.


Jimmy Fallon & Jack Black Recreate "More Than Words" Music VideoJimmy & Jack Black do a shot-for-shot remake of Extreme - The Band's "More Than Words" music video.
Posted by The Tonight Show Starring Jimmy Fallon on Lunedì 4 maggio 2015


Some redditors in the /aww subreddit have started posting before and after pictures of their pet adoptions. The result is heartwarming. // BuzzFeed Animals
Posted by BuzzFeed on Giovedì 8 gennaio 2015

¡Estos son HÉROES sin capa!Fuente: https://youtu.be/_WA4--gvKU0
Posted by Exafm on Venerdì 2 ottobre 2015

"Love comes in ways that we can easily overlook in our daily lives. I try to find it and make it into artwork” 
Posted by Bored Panda on Martedì 28 aprile 2015




“We’re fighting her lung cancer right now. She’s lost so much weight. We just moved to the sea so the air would be...
Posted by Humans of New York on Domenica 23 agosto 2015

“I don’t remember deciding that I didn’t want kids. I just always knew. I expected to have a solitary and...
Posted by Humans of New York on Venerdì 11 settembre 2015

“We’re on the slow plan to get over her terrible beginnings. She has a lot of PTSD. She was born in a kill shelter so...
Posted by Humans of New York on Domenica 11 ottobre 2015

“I try to come out here in the mornings before work. I know what it’s like to be hungry and not have a voice. I grew...
Posted by Humans of New York on Lunedì 12 ottobre 2015

Siamo sempre lo straniero di qualcun altro.
Posted by the JackaL on Mercoledì 11 novembre 2015

you never think it will happen to you. It was just a friday night at a rock show. the atmosphere was so happy and...
Posted by Isobel Bowdery on Sabato 14 novembre 2015



Una de las mejores cosas que puedes hacer para conseguir la felicidad. Y es gratis.
Posted by PlayGround on Martedì 24 novembre 2015



Stroll the streets of 12 European cities.
Posted by The New York Times on Venerdì 17 aprile 2015

                                      

giovedì 24 dicembre 2015

#211. musica per anni di attesa: best of 2015

Che musica si ascolta in un anno in cui si studia in modo matto e disperatissimo, in cui si decide di realizzare per davvero un proprio progetto armandosi di pazienza e costanza, in generale in un anno che si è succhiato una quantità spropositata delle proprie energie lasciando il resto sullo sfondo?
Si ascolta la musica che passa alla radio senza snobismo, ci si lascia qua e là ispirare da qualche recensione interessante ma anche da quegli album in cui alcuni artisti amatissimi della nostra adolescenza ritornano con successo ai fasti di un tempo.
E poi spesso si sceglie basandosi sulle suggestioni dei ricordi legati a questo o a quel brano ascoltato negli ultimi mesi.
Importante: al termine della classifica, se vi piace, trovate anche la playlist Spotify di tutte le 20 posizioni.
Pronti a partire? Go!!!


20. Snoop Dogg feat. Stevie Wonder and Pharrell Williams: California Roll



Baby you could be a movie star: che faccio, ve lo dico di cosa parla veramente questo brano? Ma che ci importa, se alla fine il risultato è questo confettino pop che urla PHARRELL WILLIAMS a ogni nota (e infatti c’è pure la sua voce) guadagnando altri mille punti con voce e armonica celestiali di Stevie Wonder. Ripeto, la canzone poteva uscire benissimo da un album di Pharrell e non sarebbe cambiato nulla (il che è positivo), però che bella questa attitudine rilassata (e te credo) e la rievocazione di quella Los Angeles forse anche un po’ stereotipata che ho tanto amato. Se ancora non avete capito il tema della canzone giuro che per Natale vi regalo una scorta di integratori di Omega 3.

19. Jess Glynne: Hold My Hand



Ecco un filone su cui puntare per far finta di essere quelli che ne sanno di musica pop: il ritorno delle house divas. Ritornate in auge con l’exploit di Kiesza l’anno scorso (ve la ricordate?), trattasi di cantanti dalla vocalità importante che si mettono al completo servizio della canzone da ballare, spesso facendo un passo indietro rispetto al produttore. Ecco, la differenza sta tutta qui: oggi le protagoniste sono loro. E Jess Glynne fra tutte. Non semplici featuring, ma voci attorno alle quali viene costruita la canzone, spesso di loro stesso pugno. Sono passati più di vent’anni dall’esordio dell’eurodance, e la figura femminile in musica ha oggi ben altro ruolo, ma il riff di pianoforte o sintetizzatore, i BPM accelerati e soprattutto la linea melodica irresistibile sono ancora lì, a esaltarci come allora.

18. Mark Ronson feat. Bruno Mars: Uptown Funk



Qui non si discute: avrebbero potuto tranquillamente intitolare il brano fenomenologia della canzone pop nel 2015 e sarebbe stato lo stesso. Mette in fila tutti gli stilemi pop musicali del del nostro tempo - la riconoscibilità e al contempo la novità del brano, come se fosse la somma di mille canzoni già ascoltate nella nostra vita; l’attitudine consapevolmente rétro; la semplicità della linea melodica che si innesta su una sapienza tecnica e produttiva di primissimo livello (leggi: essere i migliori senza farsene accorgere); la scelta di un talento che ci metta faccia e voce, senza oscurare ma alzi esaltando il deus ex machina della situazione; la voglia di muoversi, di star su, di cantare all’unisono. Elementi che convergono in un risultato perfetto che, lo sappiamo, non ci racconta nulla di nuovo ma accidenti come lo sa fare bene.

17. Disclosure feat. Lorde: Magnets




Faccio due conti e mi accorgo che a mettere insieme l’età media dei fratellini Disclosure e quella di Lorde vien fuori la mia età. E voi dove eravate, tra i 18 e i 21 anni? Loro stanno esattamente qui, in un punto di contatto tra il pop venato di dark della prodigiosa artista neozelandese e la house rivisitata e addomesticata dei djs britannici. Talenti di livello assoluto che, incontrandosi, invece di annientarsi si valorizzano, dando origine a una delle più interessanti e conturbanti contaminazioni pop dell’anno. E’ uno slow burner, quindi non aspettatevi fuochi d'artificio al primo ascolto.

16. Jovanotti: Il riparo



“Il cielo è il tetto più sicuro, il cielo sarà il nostro riparo” dice Lorenzo, e gli si crede perché in quest’anno disgraziato spesso i tetti ci sono crollati in testa. Un samba irresistibile incrocia una melodia italiana fino al midollo: parliamo d’amore sì, dei rischi ai quali va incontro, ma trasformiamo questa paura - legittima - in una celebrazione della vita e del solo fatto di provare questo sentimento. All’interno di un album troppo lungo, troppo variegato, difficile talvolta da decifrare e da digerire, in cui si è scelto di dare troppa ribalta a pezzi banali a discapito delle cose importanti da dire, questa gemma semplice dovrebbe essere il paradigma di ciò che potrebbe diventare la canzone d’amore italiana, se solo se ne avesse il coraggio.

15. The Weeknd: Can’t feel my face



L’ennesima riprova del fatto che il 2015 sia stato un anno molto positivo per la musica pop è questa grandissima canzone, responsabile del lancio del talento di The Weeknd, ragazzo canadese di origini etiopi, in cima alle classifiche del mondo intero.
Ennesimo aspirante al trono di erede di Michael Jackson - quel falsetto, quel senso del ritmo - The Weeknd fa in realtà un R’n’B infinitamente più cupo e malato, toccando tematiche scomode e servendosi di campionamenti punk e trip hop. In questo caso, però, oltrepassa ogni frontiera di genere e confeziona un pezzo di ballabilità estrema che tuttavia non ci fa sentire troppo stupidi, lasciandoci un retrogusto gelido che non fa che aggiungere fascino all’insieme. E quel titolo, poi.

14. Carmen Consoli: Oceani deserti


Dopo che i R.E.M., quattro anni fa, hanno deciso di abbandonarmi, l’unica granitica certezza musicale rimastami era Carmen. E però passavano gli anni dall’ultimo suo magnifico Elettra e nulla succedeva costringendomi a volgere altrove il mio sguardo fino a quando, all’inizio di quest’anno, ecco l’atteso successore. Sia chiaro: il livello raggiunto dall’album precedente non ha paragoni, ma in L’abitudine di tornare Carmen fa un passo avanti soprattutto nella composizione dei testi, sempre più capaci di raccontare storie senza giudicare ma anzi mantenendosi tra l’empatico e l’ironico (chissà a chi assomiglia?). Tra i numerosi brani, tutti pregevoli con picchi assoluti, per me vince questo, scritto coi fratelli Gazzè: la rievocazione di un rapporto ormai terminato, la descrizione dolente e appassionata delle diverse sue fasi, e l’alternanza tra la quiete repressa della strofa e l’esplosione melodica dello splendido refrain. Bentornata, amica.

13. Madonna: Heartbreak City



Grandi canzoni pop, grandi ritorni, grandi figure femminili che fanno i conti con se stesse: potrebbe riassumersi così, l’anno musicale che sta per finire. E inaspettatamente fa la sua parte - ancora - una signora che, qualunque cosa si pensi di lei, nella musica pop continua ad avere qualcosa da dire, tanto che Rebel Heart è uno dei suoi migliori album da molti anni a questa parte. Un album in cui lei si sdoppia: l’autoironica parodia di se stessa di brani supertrash come Bitch I’m Madonna ma anche la donna che affronta la rottura con l’uomo che ha amato rivelando inedite parti di sé con sincerità. Quest’ultima Madonna è quella che ho apprezzato di più e in Heartbreak City ammiriamo non solo la sua capacità innata di scrivere canzoni che funzionano, ma anche la scelta di proporsi senza artifici, finalmente.

12. Kendrick Lamar: King Kunta




Una delle perle di un album necessario, ispirato e profondamente coraggioso, tanto nelle tematiche quanto nelle scelte musicali, King Kunta è sì l’amara riflessione sugli stereotipi riguardanti la minoranza afroamericana ma è anche un irresistibile funk aggiornato all’anno 2015. Kendrick Lamar è sicuramente uno dei migliori artisti hip hop attualmente in attività, ma lo è soprattutto in virtù del fatto che, anche grazie a lui, l’hip hop sta tornando a essere il megafono dei conflitti e delle riflessioni sulla questione razziale che tanto è attuale negli Stati Uniti di oggi. Che poi lo faccia servendosi di codici come il jazz o il funk rende il suo messaggio ancora più credibile, e l’ascolto della sua musica un sicuro godimento per gli appassionati del resto del mondo.

11. Natalia Lafourcade: Hasta La Raiz




Di lei ne so quanto voi: poco o nulla. Eppure, per qualche miracolo che a volte accade nella programmazione radiofonica, questa canzone delicata e in punta di piedi, leggiadra come una piuma ma intensa ed emozionante (splendido l’arrangiamento e l’elegantissimo finale orchestrale) ha trovato spazio tra pulsazioni ritmiche, rievocazioni retromaniache e allegre canzoni dell’estate, e il fatto che il suo ascolto abbia preceduto il mio prezioso viaggio in Spagna è solo un dettaglio che mi rende questo gioiello ancora più caro.
Se ve la siete persa da questo momento non avrete più scusanti: magia pura della musica vera, che non segue tempo e mode e sa parlare scegliendo le più semplici delle parole.

10. Faith No More: Matador



Diciassette anni dal loro ultimo album e sembra passato un giorno. E’ un complimento? Sì, se parliamo di una delle band che ha musicalmente definito - in termini di qualità assoluta - la prima metà degli anni 90, una band che partendo da una matrice metal non si è mai vergognata di imbastardirla con contaminazioni di ogni genere (sottolineo: OGNI), dal funk alla bossanova per dirne due. E poi l’ironia più irresistibile, la voce fenomenale e schizofrenica di Mike Patton… Mi era mancato terribilmente, tutto questo. Con Sol Invictus tutto sembra tornato al suo posto - persino la stessa formazione di diciassette anni fa - con in più una raffinatezza esecutiva e compositiva diversa, ché tutti questi anni non sono passati invano. La prova più alta ne è proprio Matador, vero drama rock in più movimenti in cui non solo assistiamo sbalorditi alla performance di Mike ma in cui tutta la band sfodera le sue armi migliori per un crescendo violento ed epico allo stesso tempo. Bene così, io per altri diciassette anni sono a posto.

9. Mary J Blige: Whole Damn Year




Senti come suona l’ultimo album di Mary J Blige, una delle ultime gran signore della vocalità mondiale. Talento indiscusso e capace come poche di dare sostanza e spessore ai sentimenti umani, Mary però è artista che non si siede sugli allori: si prende un bell’aereo per Londra e si mette nelle mani dei nuovi, giovanissimi prodigi del pop/dance d’oltremanica: Disclosure, Emeli Sandé, Sam Smith, Naughty Boy. Non sempre la somma dei fattori dà risultati stellari, ma una certezza c’è: che la cura ha funzionato nel momento in cui Mary si dona con un brano come Whole Damn Year, la messa a nudo di un’anima profondamente ferita e di un corpo che si sta leccando le ferite. Il modo in cui Mary scandisce le parole, le carica di significato senza entrare nel drama gratuito è una lezione di interpretazione per chiunque voglia fare del canto il proprio mestiere.

8. Blur: Pyongyang




Erano anni che si vociferava di un loro ritorno, e molte di noi ragazzine degli anni Novanta hanno sperato di poter rivivere per un momento i palpiti di quegli anni. Poi all’improvviso, nei primi mesi di questo strano 2015, il gruppo dell’amato Daman Albarn sgancia la bomba: un album cantato e suonato dalla formazione originale, con tutti i talenti al loro posto. Sembra di tornare indietro sì, ma dentro ci sono anche tutte le esperienze parallele, musicali e di vita, degli ultimi anni, perché faccio notare che LORO hanno quasi 50 anni. Il risultato è un album bellissimo, inaspettato, dalle melodie fantastiche, fortemente influenzato dai loro viaggi in Estremo Oriente: Pyongyang è esattamente tutto questo, e per quanto mi riguarda è anche il refrain più bello ascoltato quest’anno (Damon, il mago dei refrain: ricordate The Selfish Giant, l'anno scorso?).

7. The Chemical Brothers feat. Q-Tip: Go




Un altro ritorno graditissimo e magicamente ispirato: i Chemical Brothers sembrano tornati - come i Blur, come i Faith No More - ai fasti degli anni Novanta, magari non ai picchi assoluti dei loro album-capolavoro ma sicuramente a un livello che migliaia di ragazzi e ragazzini da miliardi di visualizzazioni su YouTube oggi si sognano.
Nel magma sonico della loro ultima raccolta di canzoni, i fratellini affidano ancora una volta alle rime di Q-Tip il contrappunto lirico per il singolo apripista dell’album, che ne è anche il punto più alto: una motivational song iperadrenalinica che funziona in palestra, mentre si studia, sotto la doccia o dove diavolo vi serva dell’energia compressa per fare il salto decisivo.

6. Florence + the Machine: Delilah




Tante di noi amano Florence, di quell’amore che si prova per un’amica emotiva, un po’ stramba, a cui rubare i vestiti ma che sa sorprenderci al solo suono della sua voce.
Dopo alcuni album dalla bellezza altalenante, che rivelavano un talento forse ancora grezzo ma affascinante nel suo essere primitivo, con il suo ultimo Florence centra in pieno il bersaglio lasciando a una manciata di perfette canzoni rock, obliquamente melodiche, il compito di sublimare il sentimento dell’abbandono dopo una storia d’amore finita male. Di tutto il mazzo scelgo - con difficoltà - questo brano, che è tipicamente Florence ma mostra appunto quella maturazione che, invece di diventare un ripiegamento su se stessa, diventa energia e ritmo.

5. Major Lazer & DJ Snake - Lean On (feat. MØ)



Confessiamolo: le prime volte ci vergogniamo di battere il piedino a tempo. Troppo tamarra, dài. Certo che, però. Dall’undicesima in avanti è assuefazione, anzi diciamo pure dipendenza, perché bastano quelle prime cinque note tutte uguali a scatenare il su le mani: che siamo in macchina o in palestra, al supermercato o sotto la doccia, da soli o tra la folla l’effetto non cambia e ululeremo (anche mentalmente, perché no) i versi del ritornello come se fosse l’ultima cosa che faremo nella vita. E ci inchineremo ancora una volta al magico potere di una grande canzone pop. Ps: l'album l'ho pure ascoltato, ma è completamente folle e non ho ancora deciso se la cosa mi piace oppure no. Ma che importa.

4. Naughty Boy feat. Beyoncé and Arrow Benjamin: Runnin’ (Lose it All)




Una canzone pop gradevole, nessuna rivelazione fondamentale per il mondo della musica: ma alla fine arriva Bey. E parte il missile terra-aria. Primo singolo dell’imminente secondo album di Naughty Boy, dj e producer inglese tra i massimi esponenti di quel house/garage revival incrociato col pop che ha già lanciato fior di carrieroni (Disclosure, Sam Smith, Clean Bandit, Jess Glynne), è un pezzo di struttura tutto sommato tradizionale ma con due punti di forza: l’arrangiamento, che asseconda in modo perfetto il crescendo emotivo del pezzo, e poi lei, con quella sua voce potente e autorevole fin dai primi secondi della canzone, che se non vi scorre un brividino lungo la schiena dubito che siate umani. E poi occhio ad Arrow Benjamin, che esordisce alla grande con questi due fuoriclasse preparando il terreno al suo primo album di prossima uscita, che a questo punto sono molto curiosa di ascoltare.

3. Drake: Hotline Bling




E’ una banalissima (e anche sessista) canzone su una ex fidanzata da parte di un uomo geloso, un tema che se è stato svolto miliardi di volte già mi sto tenendo stretta, eppure perché mi è piaciuta così tanto, al punto da sentirmela risuonare in testa persino la mattina appena sveglia? Il ritmo, ragazzi, la chiave è tutta qui. Quell’irresistibile calypso che ondeggia morbidamente impedendoci di stare fermi, come anche ci suggerisce quel video geniale che dovete andarvi a recuperare: alla fine è un uomo che balla da solo, in modo buffo o forse no, come se volesse dire a tutti gli altri uomini se lo faccio io potete farlo anche voi. E sì, lo ammetto, la semplicità mesta eppure cool di tutto l’insieme mi ha fatto dimenticare che alla fine Drake è uno stronzo come tanti, ma che se fa venir voglia a tanti maschi alfa di rilassarsi un po’ e sfogare le proprie energie ballando, alla fine posso anche smetterla di fare la rompicoglioni.


2. Adele: Hello





La canzone definitiva dell’anno, quella che tutti aspettavano e che tutti ha messo d’accordo, perché proprio in questo Adele è maestra: a conciliare le fazioni più inconciliabili col solo potere della sua voce portentosa. Adele è una di noi (l’avete mai sentita la sua adorabile risata da stupidera?) con in più un dono magnifico, e su questo costruisce tutto: non ha bisogno di fuochi d’artificio, modernismi tirati per i capelli o trabocchetti di marketing con cui catturare gli sprovveduti. La sua immagine è elegante e vintage, ma allo stesso tempo le devono togliere l’uso di twitter perché quando lo utilizza da sbronza combina pasticci. Canta come se arrivasse da distanze siderali e poi se ne esce con un gesto da irresistibile stronza per sottolineare il passaggio fondamentale della canzone. E poco importa se nel suo ultimo, attesissimo album ci siano canzoni anche migliori e se, in generale, molto spesso sembra che alcune sue canzoni siano belle semplicemente perché cantate da lei, e non per chissà quale qualità compositiva: ormai questa giovane donna è patrimonio dell’umanità, e Dio sa quanto oggi ci sia bisogno di bellezza, semplicità, del giusto pizzico di cialtroneria e soprattutto della rassicurante morbidezza di quella coperta di cashmere a cui è stata paragonata la sua musica.

1. Bjork: Stonemilker




Indecisa tra la casellina “grandi ritorni” e quella “superbe artiste pop alle prese con un break-up record”, pago i miei omaggi alla più sfolgorante delle manifestazioni sonore ascoltate quest’anno.
Diamante di una raccolta di canzoni per me astrusa e inavvicinabile (non intendendo con questo un complimento), Stonemilker riscatta l’insieme ridando al mondo ciò che Bjork sa fare meglio: cantare lasciando che la sua voce danzi e si innalzi tra melodie aliene e orchestrazioni epiche.
Bjork si confronta con l’uomo da cui si sta allontanando dopo una vita passata insieme, gli chiede di rispettare i suoi bisogni emotivi e a noi viene dato il privilegio di assistere a questo dialogo triste e fatalmente destinato al fallimento, senza che tuttavia ci sfiori un’ombra di malinconia. Piuttosto quel che ci viene trasmesso, con leggiadria solo apparentemente glaciale, è il senso di integrità morale e il coraggio di difendere le proprie esigenze pur in un momento relazionale così difficile.
Più canzoni come queste Bjork, per favore.