Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

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lunedì 3 marzo 2014

#203. MusicSaves special: Sanremo Edition (parte 1)

(scheletri nell'armadio grossi così)

tradizionale cover di TV Sorrisi e Canzoni
ho un rapporto altalenante, tra il conflittuale e l'appassionato, col Festival di Sanremo.
da piccola, acquisì significato solo quando cominciai a condividerlo, nelle mitiche serate di metà anni Ottanta a casa di cari amici dei miei.
la loro figlia femmina, nel 1987, mi riempì un bloc notes di disegni dei suoi cantanti in gara preferiti col ritornello scritto in un fumetto: Patty Pravo, Fiorella Mannoia, Peppino Di Capri, Dori Ghezzi, Rossana Casale. era l'anno di Quello che le donne non dicono.
conservai gelosamente quel bloc notes per molti anni, come il ricordo prezioso di momenti spensierati e leggeri che non sarebbero tornati più. 
Patty Pravo, "Pigramente Signora". 1987
nel frattempo arrivarono gli anni Novanta: mi piacevano da pazzi Mietta, Francesco Salvi, il Jovanotti di Vasco, i Pooh di Uomini Soli. imparavo tutte le parole a memoria e poi mi esibivo di fronte ai divanetti vuoti del mio salotto. quei divanetti stavo per salutarli per sempre: avrei cambiato casa e - ancora non lo sapevo - quella gioia leggera che mi riempiva il cuore non l'avrei mai più ritrovata.
Fiorella Mannoia, "Quello che le Donne non Dicono". 1987
è per questo che gli early '90s non hanno nulla a che fare con Sanremo, per me: quegli anni mi erano stati strappati via, e con essi tutti quei simboli pop a cui ero tanto legata, le mie corazze di ricordi televisivi e musicali: i Robinson, Indietro Tutta, Saranno Famosi, Sanremo.
i miei anni Ottanta, gli anni Ottanta di milioni di italiani, sfavillanti e superficiali e spassosi. 
una moodboard glitterata ed eccessiva, eppure tanto cara a molti.
Mietta, "Canzoni". 1989
le scuole medie e i primi anni delle superiori presi le distanze da quel mondo che mi appariva così fasullo e così poco degno di attenzione, presa com'ero dalla rabbia cieca e oltranzista delle chitarre grunge. mi sentivo tradita dai miei stessi ricordi, e mi ci ribellavo.
Neri per Caso, "Le Ragazze". 1995
guardavo con sufficienza le amiche che, Sorrisi e Canzoni alla mano, leggevano i testi sanremesi canticchiandoli in coro: ero snob, e l'avrei pagato caro, diventando quella seconda scelta che tanto mi sarebbe pesato essere nei quindici anni successivi. era il 1995, c'erano i Neri per Caso e Voglio andare a vivere in campagna.
il resto di quel decennio guardai al Festival distrattamente, e spesso solo per gli ospiti stranieri, che all'epoca erano superstar megagalattiche tipo Madonna, solo per citare un nome. periodicamente emergevano artisti che avrei imparato ad amare, come Elio e le Storie Tese, Giorgia, Max Gazzè, e soprattutto Carmen Consoli. 
ma, in generale, da adolescente vedevo Sanremo come il vecchio da abbattere, il simbolo di tutto ciò contro cui scagliarsi con rabbia giovanile.
Elio e Le Storie Tese, "La Terra dei Cachi". 1996
quando, nel 1999 e nel 2000, fu Fabio Fazio a condurre due memorabili edizioni, non mi persi una puntata. è vero, non ero più una teenager, ma allo stesso tempo percepivo un punto di incontro tra quella che ero (la bambina degli anni Ottanta) e quella che ero diventata (la ragazzetta un po' snob innamorata della musica). probabilmente era anche la gratitudine per aver portato ospiti come gli U2, gli R.E.M., i Blur e gli Oasis, ma tutti, non solo io, avevano percepito positivamente la novità, forse ormai stanchi della cerimonia quasi religiosa in cui si era trasformato il nostro evento pop nazionale.
Giorgia, "Come Saprei". 1995
col senno del poi, mi permetto di dire che sbagliavamo tutti: perché la cultura popolare è cosa seria, e va rispettata. 
ci sono codici, gesti, schemi che vanno seguiti, proprio come in un cerimoniale, perché è anche da lì che passa l'identità di un popolo. mantenendoli fermi, si può anche guardare alla modernità, ma a quei riferimenti non si può rinunciare.
e gli anni Duemila del nostro Festivalone furono proprio un'alternanza tra tentativi di replicare quella modernità e polizieschi ritorni alla forma, in quest'ultimo caso con Pippo Baudo a far quasi sempre da maestro di cerimonia. 
Carmen Consoli, "Amore di Plastica". 1996
furono svariati brillanti rappresentanti della nostra tv, a provare a riproporre qualcosa di nuovo, Simona Ventura e Paolo Bonolis su tutti, ma alla fine, come per un elastico, il balzo avanti faceva tornare più indietro di prima, e a scottarsi furono personaggi come Raffaella Carrà e Giorgio Panariello. solo Gianni Morandi sembrava poter avvicinarsi al "canone" accontentando un po' tutti, ma mancava di quel carisma e di quella sana cattiveria tanto cara all'italiano medio.
U2 a Sanremo. 2000
durante tutti gli anni Duemila il mio atteggiamento verso Sanremo non era cambiato poi molto: da quasi adulta, tornavo a interessarmene ma, a differenza degli anni dell'infanzia, ora lo condividevo con gli amici, e non più con la famiglia. guardare la prima e l'ultima serata divenne una piccola, personale tradizione, ma le altre puntate quelle no, difficilmente riuscivo a seguirle.
fino al 2008, il mio annus horribilis. il Festival cadde proprio nella settimana - finora - più brutta della mia vita, e seguirlo, puntata per puntata, fu la mia salvezza, mi tenne ancorata alla realtà in un momento psicologico durissimo. 
Elio e Le Storie Tese, Dopofestival 2008
fu l'anno dell'ennesimo Pippo Baudo e del più bel dopoFestival del mondo, quello di Elio e le Storie Tese, che seguii devotamente su YouTube. Max Gazzè cantava Il solito sesso e soprattutto fu l'anno di Tricarico e della sua Vita Tranquilla, un pezzo così vicino a quello che stavo provando da strapparmi il cuore ancora oggi, a ogni ascolto.
e poi iniziai a interessarmi davvero alla musica di Sanremo, con la mente ormai ripulita da tanti pregiudizi giovanili: ero diventata capace di distinguere una buona canzone da una meno riuscita, a cogliere la complessità degli arrangiamenti, il livello di scrittura e quello interpretativo, la capacità di essere pop senza essere banale. 
grazie anche a un mio ex collega di lavoro (ciao Paolo!), grandissimo appassionato di musica italiana, riscoprii la bellezza di un evento tipicamente italiano e magicamente pop, ricco di spunti di riflessione e contraddizioni spietate.
Tricarico, "Vita Tranquilla". 2008
ora l'occhio critico sapeva rimanere distinto dal colpo di fulmine, dal gradimento istintivo, e per me Sanremo divenne un appuntamento a cui non poter rinunciare, per capire l'Italia e la sua musica.
guardavo lo spettacolo divertita, e ascoltavo le canzoni concentrata: in quella settimana di fine inverno c'era la nostra occasione di essere glamour, di fare le cose in grande senza per forza imitare quanto accadeva all'estero.
dall'anno scorso, da quando cioè non vivo più in Italia, comprendo con tenerezza l'attaccamento degli emigranti dei decenni passati per questa manifestazione, e in parte lo condivido: alla fine, ci piaccia o meno, il Festival di Sanremo rimane uno specchio fedele e impietoso delle miserie e grandezze dell'essere italiani.



(continua con le mie personalissime riflessioni sul Festival di Sanremo 2014... continuate a leggermi!)