Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

venerdì 8 aprile 2011

Occasione di festa numero 79.

Mi piace definire perfetti quegli album che mantengono un livello di eccellenza dalla prima all'ultima canzone, senza cadute di tono, senza sbavature, compatti e coerenti, ricchi di idee e di ispirazione.
Automatic for the People è l'epitome degli album perfetti. 
E' il 1992 quando gli R.E.M., quartetto statunitense originario di Athens, Georgia, mandano alle stampe il successore di Out of Time, il loro album più fortunato. Il titolo scelto è Automatic for the People, dallo slogan che un ristoratore georgiano rivolge ai suoi affezionati avventori. Come sempre accade dopo che una band raggiunge un successo planetario, l'attenzione della critica e del pubblico si fa spasmodica ma anche un po' scettica, quasi che sia impossibile replicare la fortuna del predecessore. 
Intendiamoci: Out of Time è un disco piacevole, con perle di inestimabile valore (Losing My Religion valga per tutte), ma è discontinuo e a tratti frivolo. 
Automatic for the People non ricalca quella linea, come avrebbe potuto comodamente fare, ma rischia senza sbagliare un colpo, sia per la scelta dei temi, sia, soprattutto, per lo splendore delle musiche. 
La sua compattezza è anzitutto nell'atmosfera, che si mantiene cupa e malinconica quasi per tutta l'opera; e poi nei testi, i testi migliori che gli R.E.M. abbiano mai regalato, in cui la morte, il dolore, la malinconia e i ricordi si intrecciano nel tessuto narrativo.
Drive è un opener perfetto: scelto come singolo di lancio dell'album, si affida al semplice arpeggio della chitarra di Peter Buck e al carismatico cantato di Michael Stipe: efficace e centrato l'accompagnamento orchestrale - che ritroveremo in altri brani, sotto la direzione di John Paul Jones dei Led Zeppelin -, splendido il video, in un evocativo black and white.
A seguire, Try Not To Breathe è uno degli episodi migliori, e commuove senza retorica raccontando di un vecchio ormai prossimo alla fine che decide di non respirare più, abbandonandosi ai ricordi. The Sidewinder Sleeps Tonite è un delizioso divertissement che alza un po' il tono prima del'adamantina Everybody Hurts, una delle canzoni giustamente più famose degli R.E.M. che, più che per il testo, un accorato appello rivolto a qualcuno che non ce la fa più a vivere, colpisce per il crescendo strappacuore e l'amplissimo respiro orchestrale del finale.
Sweetness Follows è perfezione, con il cupo suono del violoncello che detta il ritmo di un pezzo dedicato alla morte dei genitori, featuring un Michael Stipe che - ce ne fosse ancora bisogno - dimostra la sua stoffa di interprete in modo egregio.
La malinconia è il leitmotiv della successiva Monty Got a Raw Deal: la figura di Montgomery Clift, magnifico e tormentato attore morto troppo presto, viene qui celebrata con rispetto e passione. La carica di Ignoreland, una tirata lucidissima e feroce contro il duo Bush-Reagan che nell'ultimo tour gli R.E.M. hanno rispolverato con impressionante attualità, è seguita da Star Me Kitten, magica e sensuale, e da un tris d'assi che ha pochi eguali nella storia della musica pop.
Apre la mano Man on the Moon, anche questo un omaggio a un artista prematuramente scomparso ma poco conosciuto fuori dagli Stati Uniti: Andy Kaufman. Personaggio di folle bizzarria e probabilmente all'avanguardia per i suoi tempi, Kaufman morì nel 1984 a solì 35 anni. Tale fu il successo di questo brano che, nel 1999, il regista Milos Forman realizzò un biopic su questo personaggio, interpretato da Jim Carrey e Courtney Love, il cui titolo era proprio Man on the Moon e la cui colonna sonora era interamente firmata dagli R.E.M. Il brano è tuttora il pezzo di chiusura di ogni loro concerto.
La seguente, Nightswimming, è una gemma rara: il pianoforte di Mike Mills, struggente, costruisce un giro armonico che s'intreccia a un testo sui ricordi della gioventù, ricordando che nuotare di notte merita una notte tranquilla.
Gran finale con Find the river, la mia canzone. Se l'atmosfera malinconica si fa a tratti insostenibile, il testo è a mio avviso il migliore che gli R.E.M. abbiano mai scritto: poesia sulla ricerca di se stessi, sull'importanza di essere, o di diventare, ciò che realmente si è, cercando la propria strada lungo il fiume, lentamente, lontani dalla città e dalle sue malìe fallaci.
Malinconico ma mai deprimente, l'album ebbe un successo strepitoso nonostante la contemporanea esplosione del grunge, ed è tuttora fonte di ispirazione per musicisti come Pearl Jam, U2, Bruce Springsteen.
Ascoltato oggi, emoziona dall'inizio alla fine e rimane a lungo nelle orecchie e nella memoria di chi ha avuto il privilegio di ascoltarlo.

Nessun commento:

Posta un commento