Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

sabato 11 giugno 2011

Occasione di festa numero 95.

Era il Natale del 1992. Chi fu a regalarmi quella musicassetta bizzarra, uno strano arabesco dorato a metà tra il simbolo del maschile e del femminile a campeggiare sulla copertina, sullo sfondo il viale di una strana città di grattacieli e, al centro, un cerchio di donne attorno a una danzatrice del ventre vestita di giallo e al suo bizzarro compagno? Non ricordo chi fu, ma ancora oggi lo ringrazio. Perché, se devo iniziare a parlare di dischi fondamentali per la formazione del mio gusto musicale, Love Symbol, quindicesimo album in studio di Prince, sta molto in alto in classifica.
Era l'ultimo disco con il quale il geniale - e qui la parola non si spreca - Prince, musicista, cantante e songwriter di Minneapolis, classe '58 (come Madonna), si presentava con questo nome d'arte. Fino al 2000 metterà in crisi un po' tutti, facendosi chiamare ora The Artist Formerly Known As Prince (Tafkap) o, semplicemente e modestamente, The Artist.
D'altronde, in media stat virtus non è il suo detto preferito. Eccessivo nell'attitudine kitsch, nelle esibizioni, nelle allusioni sessuali, nella prolificità musicale, Prince è sempre stato, anche nei momenti meno felici, una profusione di genio, ispirazione, provocazione, sensualità.
Love Symbol arriva dunque in un momento cruciale per la sua carriera, segnerà uno stacco netto e voluto tra un prima e un dopo, anche se agli stellari livelli del prima non arriverà più.
Si tratta di un vero e proprio concept album, costruito interamente sull'evolvere della storia d'amore tra Prince e Mayte, ennesima perla del suo sconfinato gineceo, qui nella parte di una incantevole principessa egiziana di sedici anni, nella realtà giovane ballerina e vocalist portoricana destinata a diventare sua moglie.
Se siete in giornata no consiglio a tutti di mettere su questo album e alzare il volume. La partenza è a mille, tamarra ma hard to resistMy name is Prince è dichiarazione programmatica più che canzone, un funkettone grezzo e indiavolato che tesse le lodi del nostro intonando My name is Prince and I am funky, My name is Prince the one and only, e altre perle simili. Di tutt'altro registro la successiva, raffinatissima (musicalmente parlando - i testi sono sempre espliciti) Sexy M.F., che dimostra il lato classy di Prince, con un inciso da brivido e i fiati protagonisti su un tappeto ipnotico di chitarra funky e tastiere. Una perfetta sex song. Love 2 the 9's ricalca l'allure eighties di tanti successi di Prince, ma con classe da vendere, mentre The Morning Papers è una ballatona spaccacuore ma con grinta, suonata e cantata benissimo. The Max vira di nuovo sul trash, ma fa muovere il sederino che è una meraviglia e fa pensare a Mc Hammer e Bobby Brown colti da insperata ispirazione. Blue Light, nonostante il titolo, sprizza gioia e solarità reggae da resuscitare i morti, effetto immediatamente azzerato da Eye Wanna Melt With You, sessualissimo pezzo techno con inaspettate linee melodiche e testo X-rated, a conferma che, quando si confronta con gli stili anni Novanta, Prince svilisce e banalizza intuizioni pur pregevoli.
Per fortuna a salvarci accorrono Sweet Baby, splendido pezzo soul anni Ottanta in cui Prince sfoggia il suo celeberrimo falsetto e la sfacciata, insolente The Continental, che ci restituisce il folletto di Minneapolis in splendida forma in quasi sei minuti di sinfonia funk, virtuosismi vocali, cori, cambi di registro, e ritmo da non resistere. Damn U mi riconcilia con l'idea stessa di musica, classe allo stato puro, il pezzo più adatto in una fumosa giornata invernale, fredda, in cui l'unico desiderio è un bel bagno caldo tra candele e bolle di sapone - e la giusta compagnia, of course. Arrogance, micromusical sui generis, riporta alto il grado di tamarraggine, ma è irresistibile nei suoi meno di due minuti di ritmo luciferino e cacofonico. Dopo la grezza e sudata The Flow, un altro pezzo capolavoro, 7, intessuto di sinuose atmosfere arabeggianti e featuring uno dei refrain migliori di sempre, seguito da And God Created Woman, sfoggio di classe un po' ripetitivo ma sempre d'effetto. E' il discreto preludio a un altro ispirato capolavoro dell'album: 3 Chains O' Gold. Basta ascoltarla una volta e l'omaggio è chiaro, direi quasi sfacciato: sono i Queen di A Night at The Opera, di Bohemian Rhapsody, kitsch ma ispirati, intensi e sopra le righe, con picchi di inusitata genialità che Prince elargisce a pacchi in sei minuti di musica. Si ama o si odia, un po' come tutto l'album, eccessivo, discontinuo, raffinatissimo e volgare, esplicito e discreto, sgargiante d'ispirazione, imperfetto e vitalissimo, necessario ancora oggi, godibile, emozionante.
Un vero shakermaker da conservare per i momenti bui.

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