Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

martedì 12 luglio 2011

Occasione di festa numero 101.

Music Saves. Episodio 4. 1993-95: il grunge, i primi anni del liceo e altri eventi spiacevoli. 

ovvero: materiale per ricattarmi se non mi volete bene o ogniqualvolta non siate d'accordo con le mie recensioni a ca**o

Molte persone che mi hanno conosciuta al liceo, e che magari di tanto in tanto mi leggono, sicuramente non avevano una buona opinione di me. Non posso biasimarli: non essendo in pace con me stessa, non lo ero con gli altri. E quindi non curavo il mio aspetto, non mi piacevo, ero scostante, poco socievole, antipatica. Vero è che certamente avevo delle buone qualità, ma se ne accorgevano in pochi, e io di certo non mi sbattevo troppo a metterle in evidenza. 
avevo delle cuffiette i-den-ti-che
Non vi sorprenderà molto, dunque, scoprire che in quegli anni la (non ancora) simpatica cialtrona aveva preso l'abitudine di stare con le cuffiette nelle orecchie gran parte del tempo, convinta che solo quegli sventurati musicisti potessero comprendere le sue angosce esistenziali e i suoi mugugni. 
L'estate del 1993 era stata un disastro. Già infognata nel grunge fino al collo, passai le vacanze a Cattolica a far la parte della nerd e a reggere il moccolo a un'amica molto più carina di me che si era data subito da fare. Era l'estate del battito animale e di all that she wants, sì ragazzi, proprio quelle merdate lì, e io non riuscivo a farmene una ragione. 
merda #1
merda #2
Stavo molto meglio a Torino, ça va sans dire. Pur sempre nerd e compiaciuta, a casa mia avevo il mio giro, le mie sicurezze, i miei giardinetti.
E poi ero andata col mio papà al concerto degli U2, Zoo TV Tour, Stadio delle Alpi, una figata che tuttora non dimentico.
Mi intossicavo di MTV e di cassettine home made, consumavo cuffiette al ritmo di una ogni tre/quattro mesi. Avevo scoperto una radio locale, Radio Flash, che trasmetteva un sacco di musica che mi piaceva, e da lì imparai un sacco di cose. Che, per esempio, esisteva un giornale, Rumore, che si occupava solo di quel tipo di musica. Presi ad acquistarlo tutti i mesi, e le band che scoprivo grazie a loro mi portavano a scoprirne altre, e altre, e altre ancora, come una porta che si apre su una stanza con un'altra porta, e così via.
Finalmente mi sentivo capita, protetta. Quel mondo era la mia oasi di autenticità, e mi ci rifugiavo ogni volta che potevo.
Al liceo le cose erano partite subito male. Ai miei compagni non piacevo. Alcuni mi avevano anche preso un po' di mira. Nei gruppetti ero tollerata, ma non ero mai la prima scelta. Per farmi accettare tendevo ad assecondare, a mascherarmi, a nascondermi.
Osservavo gli altri vivere, avere le prime storie, i baci nei corridoi della scuola, ascoltavo con malinconia i racconti delle uscite coi ragazzi negli spogliatoi della palestra.
Mi chiedevo quando sarebbe toccato a me, ma non capitava mai.
Ero bruttina, mal combinata, timida e scontrosa.
E soffrivo. E più soffrivo più ero scontrosa.
Quella musica intrisa di malinconia, quando non addirittura di rabbia, era come un cuscino morbido da stringere forte, in cui nascondere la faccia, in cui piangere. Sentivo che da qualche parte c'era affettivamente qualcuno che provava le mie stesse cose.
Vivevo la vita che vivevo, e intanto ne sognavo una migliore.
Per rimanere in qualche modo ancorata alla realtà ascoltavo il Deejay Time di Albertino, guardavo Beverly Hills 90210 e Willy il principe di Bel Air (e mi piacevano pure un sacco!), cercavo di uscire con i miei coetanei.
Tenevo un diario, che scrivevo quasi tutti i giorni. Documentava le improbabili cotte per ragazzi della scuola, tutti non troppo carini. Li sceglievo apposta così, per evitarmi dei rifiuti. E, ciononostante, andava male.
Non me ne accorgevo, ma ero finita in una spirale di autocommiserazione e di errori.
La maggior parte delle persone non mi amava, ma io tendevo a biasimarli. Non capivo di sbagliare io per prima, chiudendomi nel mio guscio, disprezzando chi non mi capiva, chi non era come me, me ne stavo nella mia torre d'avorio e allo stesso tempo mi sentivo una merda.
La testa piena di merda. Sì. E le orecchie, pure. 
sì, ragazzi. quella a sx è proprio Naomi O_O
Bastava che ci fosse il muro di chitarre, il grido rabbioso, il camicione di flanella e andava tutto bene. E io dovevo essere come loro, pettinarmi come loro, vestirmi come loro.
Ma perché non sono stata adolescente negli anni '50, con quel glamour iperfemminile, le gonnellone che stavano bene a tutte, i tupponi, l'eyeliner perfetto? O nei plasticosi e spensierati anni Ottanta, in cui tutto sembrava possibile? O meglio ancora negli anni '70, con tutta quella musica stellare, i Doors i Led Zeppelin i Pink Floyd, i vestitoni a fiori i pantaloni a zampa, la filosofia del peace and love?
Perché proprio il grunge merda? Perchéééééé?
ci mancavano solo le infradito
Quando, nella primavera del 1994, Kurt Cobain decise di mettere fine ai suoi giorni sparandosi una fucilata in bocca, io non stavo tanto meglio. Sul calendario contavo i giorni no e i giorni sì, con una netta prevalenza dei primi. La mia vita non mi piaceva, mi sentivo sola e insoddisfatta. Mi piaceva tanto un ragazzo della mia scuola, e ammorbavo le (poche) amiche sulle non-vicissitudini tra me e lui - mi ha guardata; non mi ha guardata; abbiamo preso il pullman insieme; era con una ragazza; si è tagliato i capelli. Andai avanti così due anni.
Ero una povera cucciola, inconsapevole.
avevo una camicia uguale. beh
F., il poveretto su cui avevo messo gli occhi, avrebbe dato la maturità a luglio '95. 
Non l'avrei mai più rivisto.
Con l'aiuto di due care compagne di classe, decisamente più sveglie e sfacciate di me, mi feci avanti. Andò male, ma qualcosa stava iniziando a cambiare.
E, come sempre mi è accaduto, cambiò anche la musica che girava intorno.
le Hole di Courtney Love, fornitrici ufficiali di good vibes 


(continua...)

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