Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

giovedì 10 novembre 2011

Occasione di festa numero 114.

Music Saves. Episodio 6. Sedici anni. Il Britpop. La felicità.

ovvero: materiale per ricattarmi se non mi volete bene o ogniqualvolta non siate d'accordo con le mie recensioni a ca**o

Nella mia personale classifica della felicità, l'anno della terza liceo sta molto, molto in alto. L'autunno 1995 risentiva, per inerzia, delle belle vibre della mia prima summer of love, ed era comunque partito col piede giusto per una fortunata circostanza. In pratica la mia classe, decimata da bocciature e fughe varie, venne accorpata alla metà di una classe che era stata smembrata per meri motivi amministrativi. Fu una boccata di aria fresca, di quelle buone buone e profumate. Piccolo outing: con pochissime eccezioni, i compagni di classe di cui conservo un migliore ricordo fanno proprio parte di quelle new entries, tra cui sta colei che oggi è una delle mie più care amiche.
Immaginatemi: stavo appena uscendo dal guscio. Iniziavo a capire che anch'io potevo farcela, che bastava crederci anche solo un po'. Però c'era una cosa che proprio mi smontava: l'idea di rivedere i vecchi compagni di classe. Non mi entusiasmava, anzi un po' mi angosciava: non mi ci trovavo, li tolleravo e venivo a malapena tollerata, sentivo di portare sempre una maschera, di non fare uscire la mia voce. Ed ecco che arrivano i nuovi e le mie preghiere sembrano esaudirsi. Legai subito con alcuni di loro, per altri c'è voluto un po' più di tempo ma ciò che più contava è che finalmente mi sentivo circondata da energia positiva e da belle persone. Mi stavo rilassando
E poi, a ottobre, l'impensabile. Un ragazzo carino, ma carino forte, sembrava interessarsi a me. Gulp! Se non fossi la cialtrona che sono, ora starei a raccontarvi di quanto bella fu quell'esperienza. E invece no. Perché lui non si fece avanti, io dormivo, e forse qualcuno non proprio disinteressato mise i bastoni tra le ruote. Per farla breve: tre mesi di sguardi, appostamenti, sorrisi, ammiccamenti e... basta, morta lì. E alla fine si mise pure con una zozzona (ma zozzona vera, neanche tanto bella).
Lo ricordo ancora. Era mattina. Ero alla fermata dell'autobus ad aspettare la mia cara Martina (fummo compagne di banco per tutto quell'anno) con le mie cuffiette e una musica nuova nuova nelle orecchie.  Roba inglese, fresca, un respiro a pieni polmoni dopo la pesantezza del grunge. Belle melodie, immediate, una buona dose di spensieratezza e tanta ironia e faccia tosta tipicamente british. Vi dicono nulla i nomi Blur e Oasis? 

Ebbene: mentre son lì che ascolto, e aspetto, passano due ragazzi (viaggiava sempre con un altro, per qualche oscura ragione). Quello carino si volta verso di me, mi guarda, poi si volta di nuovo, poi mi sorride. Io mi guardo attorno, c'è qualcuno dietro? Con chi ce l'ha? Sono incredula. Passa la mattinata. Arriva il quarto d'ora di intervallo e i due si palesano davanti alla mia classe, parlano con alcuni dei miei compagni nuovi, e io con le mie amiche a osservare la scena seduta sulle scale che portavano in soffitta, quelle scale che per un anno consumammo di chiacchiere e pettegolezzi. Quello carino si mette pure a guardare il registro di classe, lo sento persino chiedere a qualcuno "ma come si chiama?" o forse fu solo il parto di un'immaginazione malata (chi sa, parli!), insomma per un paio di mesi andammo avanti così senza nulla concludere. 
Ma, come già era accaduto per l'estate precedente, anche l'autunno si nutrì di speranze e aspettative, e ciò bastò. Era come se la natura complessa della mia personalità richiedesse un passo alla volta, per ricomporre i pezzi e armonizzare i contrasti. Prima la presa di coscienza di potermi avvicinare all'oggetto delle mie attenzioni; poi la consapevolezza di poter piacere anche a qualcuno considerato carino. A voi sembrano stupidaggini, ma come me ci si nasce: siamo i nerd, gli sfigati, gli esclusi. Strappiamo a morsi ciò che per la maggior parte delle persone è naturale e conquistato con disinvoltura. Portiamo con noi il nostro trolley carico di paure e insicurezze, e ci costa molto separarci da ciò che contiene: per questo ne togliamo un pezzo alla volta.
Piacevo a M., che era così irresistibilmente carino? Bene, a posto così. Se si farà avanti, io sarò qui. Ma non chiedetemi altro: non ce la faccio
L'idea di piacergli mi bastava. 
La speranza che si facesse avanti mi tenne su, in due mesi meravigliosi che porto tuttora nel cuore. 
E la musica accompagnò magicamente e perfettamente quel periodo, sospeso tra entusiasmo, voglia di sfidare la vita e la consueta, persistente malinconia. D'estate, in Inghilterra era esplosa - fomentata dalle solite testate musicali inglesi - una vera e propria battle of the bands tra i Blur e gli Oasis, gruppi britannici attivi fin dagli inizi degli anni Novanta ma ancora poco conosciuti fuori dai confini nazionali. Strategia di marketing o semplicemente mediatica volle che, nello stesso giorno, venissero pubblicati i due singoli nuovi delle due band, rispettivamente Country House e Roll with it, e fu facile giocare alla gara a chi avrebbe venduto di più. 
Quell'estate "vinsero" i Blur, meritatamente: Country House era un apripista eccellente e appiccicoso, forte di un video divertente e di un ritornello immediato. Il singolo degli Oasis risultava più anonimo e meno catchy, ma avercene. E così l'autunno di tutti gli appassionati di musica fu caratterizzato da questa nuova mania, che avrebbe aperto la strada anche a gruppi notevoli come i Pulp, i Suede, i Verve, i Kula Shaker. Ma le band protagoniste erano sempre quelle due, anche nel mio cuoricino. 
 
I loro due album, The Great Escape e (What's the Story) Morning Glory sono due classici della mia cultura musicale pop, ascoltati e riascoltati centinaia di volte. Ciascuno a suo modo perfetto: più solare e immediato, anche se versatile e velato di una sottile malinconia quello dei Blur; compatto, insolente, aggressivo e rude quello degli Oasis. La storia ha dato ragione ai simpatici fratelli Gallagher, però: Wonderwall e Don't Look Back in Anger sono classici immortali della pop music, mentre i brani contenuti nel disco dei Blur, pur pregevoli, non hanno incontrato quel successo universale riservato agli evergreen. 
 
Quell'autunno fu memorabile anche perché, per la prima volta, vissi personalmente una delle più classiche esperienze formative degli adolescenti anni Novanta: l'occupazione e autogestione della mia scuola. Niente di eclatante, per carità, ma partecipai. Era bello andare a scuola il pomeriggio, avere un'intera aula a disposizione, girava una bella energia, si conoscevano persone. Un'immagine che mi rimase impressa fu quella di un ragazzo simpatico del mio liceo che un giorno, portando la chitarra, si mise a suonare i pezzi più in voga in quel momento: My Friends dei Red Hot Chili Peppers, Wonderwall degli Oasis e Certe Notti di Ligabue. Alle prime note di queste tre canzoni, tuttora, nella mia memoria si ricompone magicamente il quadro: lui in mezzo a un'aula gremita, seduto a gambe incrociate su un banco, e alcune ragazze attorno a cantare.  
 
Tutte le canzoni ascoltate in quel periodo, più o meno da settembre a Natale del 1995, portano marchiati a fuoco i segni dei miei ricordi. Best Days dei Blur rievoca una mattina passata a casa a guardare la neve scendere; The Universal fu la mia canzone natalizia di quell'anno; Don't Look Back in Anger mi fa ricordare di un sabato, alla fermata dell'autobus dopo la scuola, in cui io e la mia amica R. la cantammo a squarciagola per intero, senza vergognarci, felici di essere lì, in quel momento, pensando che il giorno dopo non saremmo andate a scuola, che avremmo dormito, e chissà cosa avremmo fatto (scrivo queste cose, e mi si stringe il cuore. Letteralmente. Il sabato del villaggio).
Non è facile rendere la magia e le contraddizioni di un'età incredibile come i sedici anni. Di anni, oggi, ne ho esattamente il doppio, ma quando devo pensare a un momento della mia vita davvero felice, spensierato, ricco di positività e promesse, penso a quei tre mesi. E, per aiutarmi a ricordare, mi basta sentire le prime note di ognuna di quelle canzoni, e il mio mondo di allora si ricompone: e, intenerita, guardo me stessa con stupore ed emozione, rendendomi sempre più conto di esserci andata molto vicina alla felicità, quella volta.

PS: di materiale musicale per ricattarmi, stavolta, non ce n'è. Perdonatemi: ho raccontato qualcosa per me molto prezioso e non riesco a scherzarci troppo.

3 commenti:

  1. Sei mitica e il tuo post mi ha fatto tornare indietro di qualche anno. Abbiamo vissute alcune esperienze simili ed è bello sapere di non "essere l'unica". Caspita se è bello. Ti abbraccio forte, complimenti per il post e grazie per questo tuffo nel passato...

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  2. grazie carissima. l'adolescenza è davvero un momento cruciale nella vita di ognuno, mi piace parlarne perché è una incredibile chiave di lettura di noi stessi. i sedici anni, poi... ti abbraccio forte anch'io, spero non mancherai alla prossima :)))

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  3. Questa occasione di festa è troppo bella! Complimenti per come l'hai saputa esporre,e, per il senso di leggerezza che trasmette.

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