Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

martedì 16 dicembre 2014

#207. year-end list/3: gli album

Quello che va chiudendosi è stato sicuramente un anno di grande musica, anche se molto interlocutorio. Ci sono stati grandissimi exploit solisti, soprattutto femminili, grande canzone d’autore con due eroi degli anni 90 e un paio di sorprese gradite.
A parte il primo posto, che è stato un fenomeno sociologico-musicale di grande impatto sulla cultura popolare - e che stacca di molte lunghezze tutti gli altri - la sensazione è stata quella di una omogenea eccellenza, senza però il gran numero di picchi altissimi dell’anno scorso. Oggi si fa moltissima musica, la si diffonde e condivide e comunica come mai prima d’ora, e forse proprio per questo la barra si è alzata così tanto, e i passi falsi (vedasi gli U2) vengono come rimossi e rigettati immediatamente dalla memoria collettiva.
Proprio per questo, a mio avviso, siamo in una fase interlocutoria: siamo in una fase in cui la musica sta tentando di autodefinirsi, di trovare nuove coordinate per interpretare al meglio i supersonici cambiamenti del nostro tempo. In questo panorama vince chi ha saputo trovare la propria voce: ridefinendo le regole del gioco, mettendosi a nudo, rifacendo al meglio ciò che è stato fatto nel passato, puntando tutto sulla musica, o sull’interpretazione, o sulla creazione di un’atmosfera, o sulla produzione.
Ho scelto forse le personalità, prima ancora che la musica.
Ho scelto gli statements più potenti dell’anno.
Spero, se ancora non li conoscete, di aiutarvi a farlo lasciandovi suggestionare dai miei consigli. Buon ascolto!


10. Run the Jewels: Run the Jewels 2


Sono convinta che l’hip hop non sia una faccenda da (brave) ragazze, profondamente misogino com’è. Fortunatamente, esistono le eccezioni ed eccolo, il capolavoro.
Run the Jewels è il progetto comune di due rapper all’apice della loro carriera: El-P e Killer Mike. Sono nomi che alla più parte non diranno nulla: ci basti sapere che si tratta di due amici e campioni dell’underground hip-hop con carriere più che decennali alle spalle.
La produzione è la migliore sentita quest’anno: beat violentissimi dietro inaspettate aperture melodiche, campionamenti sempre a fuoco, il tutto a sostenere il flow impeccabile di entrambi. Che, diciamolo, 
complice la loro dialettica interrazziale non le mandano a dire a nessuno palleggiandosi con fluidità le rime con una lucidità e franchezza che dovrebbe essere la cifra per eccellenza del rap. In questo senso, siamo di fronte a uno dei migliori tentativi di cogliere lo zeitgeist di un’epoca supersonica e molto violenta, quasi a fornire la colonna sonora alle proteste per gli eventi di Ferguson e New York (ascoltate Early). 
Necessario, sfrontato, profondo.
la migliore è: Close Your Eyes (And Count To Fuck) feat. Zach De La Rocha
ma io ti consiglio anche: Blockbuster Night Part 1; Lie, Cheat, Steal; Early feat. Boots

9. Sia: 1000 Forms of Fear

Sia Furler è la campionessa pop del 2014: negarle questo titolo è disonestà intellettuale. Riluttante ed elusiva com’è, la trentottenne australiana sembrava destinata a rimanere soltanto autrice di canzoni pop sontuose ed epiche: Diamonds di Rihanna, Titanium di David Guetta, Pretty Hurts di Beyoncé - per citare le più famose.
Quello che nessuno immaginava è che si fosse tenuta le migliori per sé: e ci si trova inaspettatamente tra le mani una delle più memorabili confezioni pop degli ultimi anni. Certamente c’è una sensazione di familiarità nelle melodie, visti i trascorsi, ma quello che qui fa la differenza è la voce di Sia, capace di volare altissima e di spezzarsi sulle note più impervie per eccesso di sensibilità.
Se non avete paura di emozionarvi, questo è decisamente l’album che fa per voi.
Da far scoppiare il cuore.
la migliore è: Chandelier
ma io ti consiglio anche: Eye of the Needle; Elastic Heart; Free the Animal

8. Lana Del Rey: Ultraviolence

Lana Del Rey, autrice di uno dei più impressionanti esordi degli ultimi anni, avrebbe potuto continuare a giocarsi la carta della bambola dark per il resto dei suoi giorni.
Sceglie invece una strada obliqua: la resa compatta e coerente di un’atmosfera, tra decadenza e disillusione. Lo fa senza per questo rinunciare al suo immaginario, che costituisce il fascino e il punto primo di interesse del suo personaggio, ma scegliendo il codice della canzone rock, con un omaggio a certe tematiche balorde alla Lou Reed (nella magnifica Brooklyn Baby) ma anche alla psichedelia della grande tradizione rock californiana.
Il tutto rinunciando a pomposità orchestrali e volgarità in fase di produzione che appesantivano il suo esordio, facendo propendere per la teoria del bluff.
Un secondo album come questo è la migliore risposta ai detrattori: piaccia o meno, Lana Del Rey è un’artista con molte cose da dire, e oggi non è poco.
la migliore è: West Coast
ma io ti consiglio anche: Shades of Cool; Brooklyn Baby; Black Beauty

7. Jessie Ware: Tough Love

Anche Jessie Ware era attesa con impazienza all’impegnativa prova del secondo album: troppo raffinato, sensuale e significativo era stato il suo debutto Devotion. Qui Jessie continua su una strada che privilegia l’intensità dell’interpretazione, nonostante la sua voce lasci intuire di saper fare ben altro e, affidandosi ancora una volta a una schiera di autori e produttori di altissimo livello, mette definitivamente il sigillo al suo status di erede legittima di Sade e Lisa Stansfield.
Talvolta tradisce la volontà - sacrosanta - di ampliare la sua fetta di pubblico, e si avvicina a un pop-soul più di maniera, ma quando invece non teme di osare si svela in tutta la sua originalità, rivelandosi la voce per eccellenza della grande e eterogenea scena elettronica britannica.
Classe e grandi canzoni per la piena riconferma di una voce magnifica.
la migliore è: Keep on Lying
ma io ti consiglio anche: Tough Love; Cruel; Want Your Feeling

6. La Roux: Trouble in Paradise


Dopo un acclamato primo album omonimo che preannunciava l’invasione synth pop dei primi anni Duemiladieci, i La Roux di Elly Jackson erano spariti dalle scene. Il ritorno è una gioia per le orecchie che riprende la forma del pop artificiale dell’esordio, propendendo però per un’ambientazione estiva e rilassata: fin dalla copertina, coloratissima e californiana, ci è chiaro che ascolteremo una omogenea e irresistibile collezione di canzoni pop da spiaggia e da dancefloor sul tema eterno dell’amore. Un album di grande coerenza, tenuto insieme dalla apparentemente gelida voce di Elly che imprime il timbro pesante della sua personalità a canzoni pop di semplice complessità. In una parola: cool.
la migliore è: Uptight Downtown
ma io ti consiglio anche: Kiss And Not Tell; Paradise Is You; Let Me Down Gently

5. Beck: Morning Phase

Gli album che vanno ascoltati in cuffia di solito perdono sostanza alla prova dello stereo: le magie in fase di produzione vanno inevitabilmente perse, anche se ciò non necessariamente è un problema per chi ascolta. Di solito lo è per i malati di musica, ma la maggior parte delle persone ha una immediata sensibilità per la melodia, che viene invece valorizzata dall’ascolto ad alto volume. Morning Phase è uno dei pochi album che vince su tutta la linea: sorprendentemente originale e pulito nell’ascolto a solo, è in grado di riempire ogni stanza quando viene sprigionato dalle casse. Merito della produzione, dei sontuosi arrangiamenti orchestrali e di melodie di grandiosa classicità: un album dietro al quale c’è un grande lavoro autoriale, ma anche la capacità di rendere una sensazione, quella del risveglio, senza trucchi ma con speciale sensibilità di artista. Positivo, rinfrancante e a tratti dolcemente malinconico, è un album che mai mi sarei aspettata dal riluttante antieroe di Loser.
la migliore è: Waking Light
ma io ti consiglio anche: Blackbird Chain; Wave; Unforgiven

4. St Vincent: St Vincent

Ho già dato un’occhiata in giro e non ci sono dubbi: per la stragrande maggioranza delle testate musicali Annie Clark - questo il suo vero nome - vince a man bassa svariate classifiche dei migliori album dell’anno. Me lo aspettavo? Sì, perché St Vincent non solo è un album ispirato e originalissimo, ma perché è la dichiarazione di una artista che ha saputo sviluppare il suo pieno potenziale, allineando magicamente tutti i suoi pianeti - testi, musica, arrangiamenti, video, styling - per creare un mondo che è tutto suo, esclusivamente suo.
Chitarrista sopraffina (per me, un bonus di due milioni di punti), interprete di gran classe e lingua tagliente, St Vincent è potente sia nelle sfuriate rock sia quando flirta col funk o col soul. Tra alienazione da abuso di social network e acuta resa delle contraddizioni moderne Annie crea il capolavoro, che sfiora il podio solo per eccesso - talvolta - di freddezza. O forse è solo un altro espediente narrativo per interpretare da lontano la nostra realtà. Per il resto, potenza pura di una artista al suo zenit.
la migliore è: Prince Johnny
ma io ti consiglio anche: Digital Witness; I Prefer Your Love; Severed Crossed Fingers

3. Chromeo: White Women

La terza posizione è una mia debolezza, è una dichiarazione d’amore per la musica fatta bene: lunga vita ai Chromeo, autori dell’album meglio suonato e più divertente dell’anno. Reduce da problemi di salute avevo bisogno di uno scossone, ed è giunto a proposito il loro irresistibile White Women: un omaggio alla tradizione pop-soul degli anni Ottanta in una raccolta di canzoni ironiche, ricche di inventiva e talvolta cialtrone, sempre eseguite con quell’attitudine che non fa mai pesare quanto lavoro ci sia dietro. E ce n’è tanto: dietro ogni basso slappato, ogni ricamo di chitarra, ogni tocco di sintetizzatore, dietro quella frase ironica o quell’arrangiamento inaspettato c’è la profonda perizia e conoscenza di due signori che ne sanno un sacco ma preferiscono fare quelli che si divertono. Un Random Access Memory elegantemente rétro e senza sicumera, che vi svolterà anche la peggiore delle giornate. Garantito.
la migliore è: Lost On The Way Home feat. Solange
ma io ti consiglio anche: Sexy Socialite; Old 45's; Fall Back 2U

2. Damon Albarn: Everyday Robots

Inquieto e creativo, Damon Albarn è stato non solo una cotta per molte di noi adolescenti degli anni Novanta, ma anche l’ex-Blur di maggiore successo dopo lo scioglimento della band. I Gorillaz soprattutto, ma anche altri svariati progetti paralleli avevano mostrato la sua onnivora curiosità di musicista, rendendolo autore rispettato anche oltreoceano. Everyday Robots è il suo secondo album solista, ed è quello in cui fa i conti con se stesso, mettendosi in gioco completamente: musica e testi, senza filtri. E la musica accompagna in modo misurato e calzante queste amare confessioni: con i mille giochini di produzione - loop, suoni robotici, carillon -, le melodie di bellezza cristallina e senza tempo e la sua voce mai così espressiva e sofferta. E’ stato dolce perdersi in questo intenso flusso di coscienza, e quello che rimarrà nel tempo saranno alcune tra le più belle melodie pop di sempre. Un incanto.
la migliore è: The Selfish Giant
ma io ti consiglio anche: Lonely Press Play; Mr Tembo; Everyday Robots

1. Beyoncé: Beyoncé


Pochi artisti, arrivati all’apice del successo planetario, rischiano così tanto: a mia memoria lo fecero soltanto U2 (con Achtung Baby) e R.E.M. (con Monster). Correggetemi se sbaglio.
Beyoncé, che non a caso è omonimo, è l’opera di una artista al suo culmine professionale e personale che mette in campo tutte le sue risorse e le sue relazioni per realizzare quanto di più vicino vi sia alla sua visione.
E lo fa con un album cupo, un pop certamente non pensato per raggiungere la vetta delle classifiche ma per aprire una strada, senza temere di rivelarsi a tutto tondo come moglie, madre e prima di tutto donna.
Una donna che ha il pieno controllo dei suoi mezzi e delle sue potenzialità, e si trova nella invidiabile - e meritata - condizione di riscrivere le regole.
Non solo a livello di contenuti: l’uscita stessa dell’album è stato un evento di grande impatto sulla cultura pop e sulle modalità di fruizione e distribuzione della musica.
E poi l’utilizzo intelligente dei social network non solo per annunciare l’uscita dell’album, ma per comunicarlo e diffonderlo nei mesi seguenti a più livelli: su Youtube i video di ogni singola canzone sono diventati virali, estrapolazioni di testo sono diventati hashtag popolarissimi come #surfbort o #iwokeuplikethis, su Instagram veniva dato spazio all’accurata immagine privata della nostra per non parlare del colpo di marketing geniale della rissa in ascensore tra la sorella Solange e il marito Jay-Z che si è diffuso su ogni piattaforma.
Chi oggi fa musica deve fare i conti con la sfida lanciata da Queen B: una grande artista che ha saputo mettersi in gioco all’apice della sua carriera rischiando di perdere tutto.
E che invece ha riscritto le regole per chiunque voglia fare questo mestiere.
la migliore è: ***Flawless
ma io ti consiglio anche: Rocket; Partition; XO

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