Music saves. Episodio 2: Dall'infanzia all'adolescenza.
ovvero: materiale per ricattarmi se non mi volete bene o ogniqualvolta non siate d'accordo con le mie recensioni a ca**o
E' il 1991. Ho dodici anni, vado alle scuole medie e ancora non ho deciso cosa combinerò dopo. La testa è ancora piena di cazzate musicali: Lorenzo, Eros, la spaghetti dance dei primissimi anni Novanta. Poi la svolta: il papys (sempre lui) mi regala la cassettina di Innuendo dei Queen per il mio compleanno.
L'ultimo vero disco dei Queen. Tanta roba. The show must go on, I'm going slightly mad, These are the days of our lives. Innuendo, appunto. I Queen si erano un po' persi nella seconda metà degli anni Ottanta, ma questo album ha il fascino delle cose buone che stanno per finire: Freddy morirà pochi mesi dopo, R.I.P., e non ha mai cantato così bene. Il risultato fu paragonabile alla comparsa di un terzo occhio sulla mia fronte, e, complice un collega del papys che riuscì a mettermi su cassetta l'intera discografia (!), i Queen divennero ufficialmente la prima vera ossessione musicale della mia vita.
Non ascoltavo altro, sapevo tutti i testi a memoria, adoravo i loro video, il kitsch irresistibile delle loro mises. Tanta era l'ossessione che lo sapevano tutti, a casa come a scuola. Mi assecondavano intimoriti. Infilavo la cassettina in ogni stereo che mi capitava a tiro, riuscivo a convincere amici, genitori, professori. Pur non sapendo l'inglese, prendevo il dizionario e traducevo: dovevo capire, sapere tutto di loro.
La devozione subì un duro colpo alla morte di Freddy, e piansi amare lacrime durante tutto il concerto di tributo al Wembley Stadium. Non era retorica: era amore.
Però qualcosa si guastò, e l'idea di non poter più sentire altri album dei Queen negli anni a venire mi portò a volgere lo sguardo altrove.
Ci fu dunque un'altra, breve ma intensa, ossessione l'anno successivo, sempre per colpa del papys che aveva capito che, a regalarmi musica, faceva sempre un buon affare. Stavolta fu il Greatest Hits dei Tears for Fears, due ragazzotti inglesi un po' rachitici e nerd che però facevano grandi canzoni. Il poco glamour li ha penalizzati, nella storia della musica, ma la stoffa c'era eccome. Pop culture di altissimo livello. Shout, Woman in Chains, Sowing the Seeds of Love, Mad World, Head over Heels. Wow.
Spesso ricevevo musica in regalo: cassettine, soprattutto. E non solo dal papys. Achtung Baby, degli U2. Songs of Faith and Devotion, dei Depeche Mode. Symbol, di Prince. Out of time, degli R.E.M. (un gruppo che avrebbe significato molto di più per me, molti anni dopo): non posseduto ma ascoltato con interesse in casa di non so chi.
Non è facile da spiegare, ma per me la musicassetta è uno dei totem della felicità, il simbolo di un tempo ingenuo e pieno di promesse e interrogativi. Mi pareva che ciascuno di quegli involucri contenesse un elisir miracoloso, che si sprigionava dal mangianastri e diffondeva felicità tutt'intorno. Le accumulavo con la foga e l'amore del collezionista, e sono arrivata ad averne più di un centinaio, oggi gelosamente custodite in cantina nell'attesa di potermi permettere quei fantastici stereo vintage che hanno anche il giradischi, e la porta usb.
Oltre agli album fantastici che mi venivano regalati, poi, c'erano le cassettine home-made, quelle in cui prendevo il mio mangianastri rosa con radio FM incorporata e andavo cercando sulle varie stazioni le canzoni che mi piacevano per poi registrarle. Le ho ancora eh! Chicche vintage dei primi anni Novanta. Ci sono affezionatissima, sono un po' la mia personale Recherche du temps perdu.
Insomma: la curiosità cresceva, i gusti musicali si diversificavano, si raffinavano. Roba italiana praticamente non ne sentivo. Continuavo a fruire della musica in modo passivo, ascoltavo ciò che mi regalavano o ciò che passava alla radio, non ero ancora così smaliziata da scegliere la mia musica. Certo, ogni tanto qualche scivolone c'era, il trash era nel mio DNA musicale e periodicamente doveva essere accontentato. Sì, lo so che volete qualche esempio. Vi ho fatto leggere fin qua apposta. Stavolta di materiale per ricattarmi non ve ne ho offerto molto ma adesso vedrete come recupero. Ok. Sparo.
Vanilla Ice: Ice ice baby. Umberto Tozzi: Gli altri siamo noi.
Crystal Waters: Gypsy woman. London Beat: I've been thinking about you.
Dr Alban: It's my life (fantastica!!!). Double You: Please don't go.
Luca Carboni: Mare mare.
Ma vorrei chiudere in bellezza. E allora. 883: Hanno ucciso l'uomo ragno. Elio e Le Storie Tese: Pipppero.
E soprattutto Snap: Rhythm is a dancer.
Mi raccomando utilizzate questo materiale imbarazzante solo quando faccio le mie recensioni a ca**o molto indie-snob, se no non è divertente.
Tornando a noi. Tra i Queen, gli U2, i Depeche Mode e tamarrate di ogni sorta, arrivò l'estate del 1992 ("l'anno dell'Europa unita e delle mie, delle tue vacanze... Dove andiamo? Ostia, Fregene, Rimini, Riccione". Lorenzo: se non ti cito almeno una volta nel Music Saves mi sembra sempre di aver tralasciato qualcosa).
E accadde l'impensabile.
Su un canale televisivo locale, Videogruppo, dopo pranzo, e per circa sei ore, iniziarono a passare i programmi di un'emittente americana di sola musica: MTV. Music TeleVision.
Nulla sarebbe più stato come prima, ma questa è un'altra storia.
Ti ho seguito con piacere nel tuo viaggio musicale nel passato. P.S. quelle cassettine colorate sono fantastiche!
RispondiEliminaLola
grazie Lola! torna a trovarmi. buona giornata! :)
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