Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

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martedì 31 dicembre 2013

#201. year-end list di un anno memorabile/2: gli album

io lo sapevo che una volta superato il 21 dicembre 2012 indenni sarebbero successe soltanto cose pazzesche.
e così è stato e, se devo parlare di musica come mi piace tanto fare, l'opulenza di questo 2013 per me fa il pari solamente con l'anno magico 1991 (per intenderci: quello di Achtung Baby e Out of Time, di Ten e Nevermind, del Black Album e di Blood Sugar Sex Magik).
solo gli anni ci diranno se gli album del 2013 rimarranno nel tempo come quelli appena citati. certamente stavolta è stato molto più difficile del solito stilare una classifica.
e allora ho deciso di scegliere solo dieci album, quelli per me più meritevoli di venire ricordati: i restanti, in realtà, li avete già conosciuti (e spero apprezzati) nella mia musica per i lunghi inverni, musica per (non) primavere bernesi e musica bella per cambidistagione avventurosi.

spero siate pronti per il viaggio. si parte.

10. Washed Out: Paracosm
la quintessenza musicale della coolness, delle buone vibrazioni, della vacanza a Ibiza a fare l'alba ballando e delle giornate pigre a raggiungere la spiaggia solo con il telo da mare buttato sulla spalla.
It All Feels Right dice la canzone che apre, ariosamente splendida, l'album del signor Washed Out. tutto è meraviglia, tutto è sospeso in una dimensione completamente avulsa dalla realtà, eppure risonante della musica della natura e della gioia di vivere.
è un viaggio, si direbbe usando un vocabolario psichedelico.
apre la mente, e fa il cuore più leggero.
particolarmente indicato per i lunghi, lunghissimi inverni freddi.


9. M.I.A: Matangi
l'attesissimo ritorno di una delle grandi signore della pop music (non per niente amatissima da lady Ciccone, LA signora della pop music) sorprende e non delude le aspettative: divertente e riflessivo in egual misura, ironico e spiazzante, ricco di energia ma anche - inaspettatamente - di efficaci aperture melodiche.
è l'album di una eterna teenager di quasi quarant'anni perennemente in lotta con se stessa: da un lato la dolcezza delle radici e della maternità, dall'altro la critica a un mondo, quello occidentale, di cui tuttavia utilizza mirabilmente i codici.
unica e impossibile da imitare, M.I.A è artista che, come pochi altri, attinge con la curiosità di un bambino a tutti gli stimoli che la circondano e li sa restituire con efficacia in forma personalissima, moderna e irriverente.
avvicinatevi senza timore: entrerà in loop nel vostro iPod.

8. Mikal Cronin: MCII
in un'epoca musicale che omaggia costantemente il passato l'album di Mikal Cronin, statunitense classe 1985, a un primo ascolto parrebbe l'ennesima riproposta in chiave grunge aggiornata agli anni Duemiladieci. ma, sorprendendosi ad ascoltarlo più e più volte, si scoprirà una solarità power pop, un gusto misurato e caldo per la melodia, un'assenza totale di rabbia e negatività che faranno scomparire d'un colpo tutti i fantasmi della cupa filosofia rock anni Novanta.
MCII è una boccata d'aria fresca, è nato per prendere residenza nel nostro autoradio, è stato pensato per farci sentire la vita più leggera pur usando massicciamente (e splendidamente, aggiungo) la chitarra elettrica.
sorprendente, delizioso, da scoprire e infine da amare.

7. HAIM: Days Are Gone
tre sorelle birbanti e talentuose possono ridarci speranza nelle band chitarra-basso-batteria? possono far convivere immediatezza, intelligenza, gusto, ironia? sì, possono, e ad assumersi questa responsabilità, in un'epoca dove pop significa leccare un martello oscillando su una palla da demolizione (rileggo questa frase e penso: oh, è successo davvero), sono le sorelline Haim, californiane nate tra l'86 e il 91, che cantano e suonano benissimo perfette pop songs sull'eterno tema dell'amore giovane.
senza nessuna pretesa se non quella di divertirsi a fare quello che sanno fare benissimo (scrivere canzoni, cantare, suonare) incantano per freschezza, semplicità, e per la naturalezza con cui fanno convivere pop music, chitarre e armonie vocali r'n'b.
non vergognatevene, mettete su questo album e vi garantisco che la sua adorabilità vi farà capitolare fin dalle prime note.

6. Woodkid: The Golden Age
inaspettato, conturbante e cinematico, pensato come corollario musicale di una storia per immagini, The Golden Age è stata la cosa più musicalmente incredibile che mi potesse capitare in un periodo di traslochi, studio matto e disperatissimo e tentativi più o meno riusciti di integrazione.
la corsa disperata e marziale di Run Boy Run ha letteralmente dato la carica alla cialtrona che vi scrive con la potenza di un uragano, permettendo all'intero album di Yoann Lemoine di insinuarsi nelle mie giornate e di riempire spazi di stanchezza.
come Hurry Up, We're Dreaming due anni fa, anche questo album parla della forza e della capacità di sognare, nonostante il mondo tutto intorno sembrerebbe suggerire il contrario.
ispira e fa volare alti: se siete in un periodo di cambiamenti e avete bisogno di compagnia, questo è l'ascolto che fa per voi.

5. Disclosure: Settle
ci sono anni in cui stai fermo, e anche il mondo che ti circonda sembra rispettare questa immobilità. gli ultimi anni della mia vita sono stati esattamente questo: inchiodati, avviliti, chiusi.
poi succede qualcosa, ci si rimette finalmente in moto e tutto sembra seguire questa logica, persino la musica che gira intorno: ed è stato infatti, il 2013, l'anno del trionfo della musica da ballo, rimasticata e reinterpretata da tutte le angolazioni e guardando a tutte le epoche della sua grandezza.
i Disclosure, due fratellini inglesi poco più che ventenni ma con le idee chiarissime, sono partiti dalla grande lezione della house degli anni Novanta per approdare al territorio modernissimo della pop music imbastardita, resa ancora più preziosa da collaborazioni eccellenti e mai fini a se stesse.
talento puro e capacità di popolare le piste pur rispettando i principi della melodia: solo in pochi ci riescono, e dei piccoli fratelli Lawrence garantisco che sentiremo parlare ancora a lungo.

4. James Blake: Overgrown
James Blake possiede una meravigliosa dote: la naturalezza della complessità. le sue canzoni sono stratificate, superprodotte, costruite minuziosamente, eppure nella resa finale appaiono esattamente come dovrebbero essere, come se cioè fossero nate in natura proprio in quel modo.
a differenza del precedente, omonimo album, che rivelò al mondo il prodigioso talento del venticinquenne inglese, Overgrown mostra le potenzialità future del pop, del soul e della dance in un'epoca musicale di continui riferimenti al passato. cosa potrebbero diventare.
la sua capacità di decostruire i singoli brani, di isolarne gli elementi moltiplicandoli o distorcendoli, rappresenta il tentativo, riuscitissimo, di trovare nuovi codici per la forma-canzone, pur utilizzando stili e temi che tutti conosciamo.
laddove il predecessore peccava di eccesso di freddezza e scarsa intelligibilità, qui Blake raggiunge la perfetta sintesi tra sperimentazione di nuovi linguaggi e accessibilità della melodia.
non solo: l'atmosfera notturna e sensuale che permea tutta l'opera rende finalmente la musica di James Blake umana e palpitante. non perdetevelo.

3. Daft Punk: Random Access Memories
l'album più atteso e discusso dell'anno, ammettiamolo, è stato proprio RAM. ed è stata una cosa enorme, pensata fin nei minimi particolari, un trionfo prima di tutto di marketing e promozione e, una volta potuto assaporare anche musicalmente, un miracoloso omaggio alla storia della musica da intrattenimento. miracoloso perché i Daft Punk si sono voluti circondare dei loro piccoli e grandi miti pop e hanno lasciato a loro il compito di impreziosire questo monstrum divertentissimo, emozionante e permeato da un tenero sentimento di nostalgia.
dimenticate i pionieri del primo, stratosferico album Homework: il genio e la capacità di pensare il futuro erano là. qui c'è la precisa e ferma volontà di concepire un album interamente suonato dai migliori musicisti in circolazione. un album che non inventa nulla, ma che rifà al meglio quello che già è stato fatto, portandolo a vette altissime.
se a metà degli anni Novanta il duo francese non suonava nemmeno una nota, facendosi aiutare dalle macchine (l'immaginario robotico fa parte della fortuna e della riconoscibilità dei Daft Punk) e preannunciando dunque la sinteticità del pop moderno, qui l'atto veramente sovversivo è give life back to music. suonarla dalla prima all'ultima nota.
missione compiuta, anche questa volta.

2. Arcade Fire: Reflektor
in termini di hype e di anticipazioni, quest'anno solo gli Arcade Fire sono stati secondi ai Daft Punk. e, come nel caso del duo francese, le grandi aspettative non sono state minimamente deluse.
che vi piacciano o meno, qui stiamo parlando di band che stanno facendo la storia della pop music in senso lato, della musica moderna direbbe il nostro Fossati, e lo fanno in un modo molto simile: utilizzando i codici dell'intrattenimento, della canzone popolare (sempre lui).
seppur conosciuti spesso, loro malgrado, per la mancanza di sense of humour e la grande ambizione, gli Arcade Fire sono realmente una grande band, probabilmente l'ultima rimasta a saper coniugare la popolarità alla capacità di sperimentare e reinventarsi (mi vengono in mente gli U2 di Achtung Baby e gli R.E.M. di Monster).
e allora ben venga il loro personale omaggio alla musica da ballo, splendidamente sintetizzato nel singolo di apertura Reflektor, una sorprendente suite di ben 7 minuti che ospita nientemeno che David Bowie e che ha nell'arrangiamento il suo enorme punto di forza.
i ritmi caraibici, l'Italo disco (sì!), Michael Jackson, la dance anni Ottanta, il glam, il rock'n'roll, lo space pop, le armonie beatlesiane: troppa carne al fuoco? assolutamente no, se si ha la capacità di far sembrare tutto organico e definito e se, nel frattempo, ci si diverte pure.
bentornati.

1. Janelle MonáeThe Electric Lady
ovvero: l'album col titolo più bello del mondo.
in prima posizione, e staccando di molte lunghezze i secondi e i terzi classificati, ecco Janelle, l'essere alieno venuto da chissà quale mondo a incantare con la sua naturale capacità di scrivere grandi canzoni. no, non sto esagerando: andatevi a vedere un bel po' di year-end lists di gente meno cialtrona di me e la troverete. sempre.
perché The Electric Lady è non solo un ascolto piacevolissimo e ispirato: è un inno alla grandezza del genere femminile.
a partire da colei che ha composto questo piccolo capolavoro di pop music, una piccola grande donna con un innato senso dello stile che non ha paura di pensare in grande e, senza avere alle spalle una grande casa discografica, riesce nell'intento di mettere insieme monumenti della black music come Prince ed Erykah Badu ma anche nuove, grandi realtà come Solange Knowles, Miguel, Esperanza Spalding.
e tutti sembrano remare nella stessa direzione: concepire un album che, utilizzando tutti i principali codici della pop music (dal funk al soul, dal rock'n'roll alla dance, dall'r'n'b al jazz, dal pop puro alla musica da cinema) crea un insieme organico al servizio della narrazione delle vicende dell'androide Cindi Mayweather che qui però, a differenza del precedente album The ArchAndroid, mostra la sua natura più fragile e tormentata - e poeticamente più interessante - lasciando il campo alle tematiche universali dell'amore, della libertà, dell'autodeterminazione, della religione, dell'emarginazione, del genere sessuale.
un album per spiriti indomiti che non hanno paura di pensare in grande: sinceramente mi sembra il miglior augurio per l'anno che sta iniziando.

grazie per avermi letto fino a qui... e che il 2014 ci regali altrettante godibilissime avventure musicali.

buon anno a tutti!

2 commenti:

  1. Urca, devo studiare perché un sacco di questa musica non la conosco! E devo ascoltare il disco di Janelle Monae, perché se viene prima di Reflektor, beh merita ben un ascolto!
    Ciao
    Cinzia

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  2. benvenuta Cinzia!
    è un piacere averti qui, sono proprio fan del tuo blog :)

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