Mille occasioni di festa feat. Beyoncé

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lunedì 24 gennaio 2011

Occasione di festa numero 57.

Steve McCurry: vita, Storia, immagini.

Lo scorso Natale ho regalato a Giordano un libro davvero splendido, edito da Phaidon: Ritratti, di Steve McCurry. Ora, non a tutti dirà qualcosa il nome di questo fotografo ma, guardando le decine di libri in esposizione quel giorno, nessuno sarebbe potuto rimanere indifferente a quella copertina: il ritratto di Sharbat Gula, la ragazza afghana, con la sua dignità e timidezza, il velo lacero, e quei bellissimi occhi di ghiaccio dall'espressione atterrita e triste, è una delle immagini fotografiche più famose al mondo, un'icona triste del Ventesimo Secolo paragonabile, per forza ed enigmaticità, alla Gioconda leonardesca. E' una foto che tutti hanno visto, almeno una volta nella vita, e già da sola basterebbe a raccontare del suo autore, senza troppi giri di parole. Ma questo è un blogghino, ed è fatto di parole. Quindi, sorry Steve: sei tu il prescelto per inaugurare la mia modesta rubrica di fotografia. Perché la fotografia è una bellissima occasione di festa.
Chi è Steve McCurry? 
Steve McCurry, nato a Philadelphia il 24 febbraio 1950 (Pesci, aggiungo anche), è considerato uno dei maggiori fotogiornalisti viventi: ha infatti legato la sua fama ai rischiosi reportage in Afghanistan, i primi dei quali realizzati poco prima dell'invasione sovietica. Dopo la prestigiosa Robert Capa Gold Medal for Best Photographic Reporting from Abroad approda a National Geographic, rivista di cui è unanimemente considerato il fotografo più significativo. 
E' infatti del 1985 il ritratto di Sharbat Gula, la piccola orfana di Peshawar: sarà la più famosa copertina di National Geographic in tutta la sua storia. L'anno successivo entra a far parte della scuderia Magnum Photos, mentre i premi si susseguono, così come i reportage nei luoghi più martoriati del pianeta: l'Iran, l'Iraq, l'ex Jugoslavia, Beirut, la Cambogia, le Filippine, la Guerra del Golfo, l'amatissimo Afghanistan, fino all'attacco alle Twin Towers a cui lui, newyorkese, si trova ad assistere appena tornato dal Tibet. Per National Geographic ha realizzato servizi in Tibet, Afghanistan, Burma, India, Iraq, Yemen, nonché sul Buddismo e sui templi di Angkor Wat.
I Ritratti editi da Phaidon sono una raccolta e una testimonianza di trent'anni di straordinaria carriera, un'avventura in cui il viaggio è la mèta stessa. Pur considerandosi - ed effettivamente essendo - un reporter, McCurry dispone dell'innata capacità di entrare in empatia coi soggetti che poi andrà a ritrarre, e che per lui sono le pagine non scritte del grande libro della Storia. 
Nell'attimo fugace dello scatto fotografico, che demanda al reporter tecnica, intuito, audacia e capacità di cogliere l'attimo, il soggetto rivela se stesso in modo totale, quasi fosse conscio del poco tempo a disposizione e dell'enormità, dell'urgenza, del messaggio da trasmettere al mondo. In questo modo, Sharbat Gula diventa il simbolo della povertà, della paura, ma anche della dignità delle donne afghane durante gli anni terribili del conflitto, così come ciascun altro soggetto ritratto racconta al contempo la propria storia e quella del proprio Paese, o semplicemente del proprio mondo.  
I bambini e le donne sono i suoi soggetti favoriti, e colpisce la delicatezza dello sguardo del fotografo, rispettoso e discreto ma aperto, in un modo magico e complice, e conseguentemente la spontanea disponibilità di chi viene ritratto, spesso sorridente pur in situazioni drammatiche. 
McCurry non è un purista della fotografia, e sinceramente sorprenderebbe il contrario, considerate le situazioni in cui spesso si trova a dover scattare, e tuttavia mantiene sempre ferma una padronanza tecnica che gli fa ottenere pregevoli risultati pur nell'urgenza del momento. Si è recentemente convertito al digitale, e la sua strumentazione professionale si limita spesso a due soli apparecchi Nikon. L'uso della luce e del colore è completamente naturale, tanto che non esistono foto di McCurry in bianco e nero: "la realtà è colorata e a me piace rappresentarla così come la vedo". 
Poesia, azione, audacia, cuore, testa, tecnica, reattività, incoscienza: dovessi descrivere sinteticamente la fotografia di Steve McCurry, userei queste parole. O meglio ancora: mostrerei a chi non lo conosce i suoi ritratti. Quello di Sharbat Gula, soprattutto.

PS: nel 2002 McCurry tornò in Afghanistan a cercarla. E la trovò, fotografandola ancora dopo diciassette anni.

2 commenti:

  1. Noi, mi pare a Giugno, comunque poco prima di sposarci, siamo andati a vedere la sua mostra a Palazzo della Ragione a Milano (è stata prorogata tre volte!). Devo dire, era strutturata proprio bene (al di là del fatto che la pavimentazione sconnessa impedisse di muoversi con naturalezza per la sala! Ristrutturare i palazzi storici, no?), le luci curate, e tante spiegazioni, e citazioni di Mc Curry, che rendevano tutto più comprensibile. Ma la fotografia va mai capita? Cmq, bella mostra!

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  2. Oh, noi ce la siamo persa e ci siamo mangiati le mani. tre proroghe cmq parlano da sole! sono d'accordo con te quando dici che la fotografia non vada capita... nel caso di McCurry, poi, bisogna sentirla con la pancia... tant'è che nel libro Ritratti non ci sono spiegazioni, solo immagini... perché non servono! abbracci

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