Raggi di sole nella pioggia |
Nel 1990 Akira Kurosawa ha 80 anni. E ha un'idea fantastica: perché non mettere in scena alcuni dei sogni più significativi fatti durante la sua lunga vita? Nei sogni ciascuno di noi è libero, coraggioso, è puro istinto, pura coscienza, pura genialità. Nei sogni creiamo il nostro personale universo, mettiamo in scena le nostre paure e aspirazioni, rappresentiamo metaforicamente la nostra scala di valori.
Il pescheto |
E allora forse può essere interessante intrufolarci nei sogni di un uomo ormai anziano ma ancora capace di magie artistiche, e ricavarne un'esperienza visivamente e umanamente fantastica. Vibrante, poetico, dove le immagini veicolano il messaggio molto più delle parole, il mondo di Kurosawa sembra qui oscillare tra il dramma e l'elegia, tra il profetico e l'utopico, attraversando simbolicamente tutte le fasi della vita dell'uomo, da bambino ad anziano.
La tormenta |
Il film è strutturato a episodi, otto in tutto. Kurosawa mette in scena un crescendo onirico che, pur cambiando diverse volte registro, persegue un unico fine, talvolta forse eccessivamente didascalico: mostrare come l'allontanamento della natura rechi con sé solamente sensi di colpa, distruzione, follia. Kurosawa, tuttavia, non rinuncia a un finale pacificatore e ottimistico che, di fatto, è il cuore del messaggio.
Ma andiamo per ordine.
Il tunnel |
Raggi di sole nella pioggia e Il pescheto incantano gli occhi con la loro semplicità, l'atmosfera suggestiva e sospesa e il loro magistrale uso delle luci, dei colori, dei costumi. Sono però i primi segnali di una violazione, di uno squilibrio nel rapporto uomo-natura, destinati a inasprirsi negli episodi successivi. Nel primo, una donna raccomanda a un bimbo di non uscire di casa. Dice infatti la leggenda che, quando splende il sole mentre piove, i dèmoni volpe stiano celebrando i loro matrimoni, cerimonia alla quale è proibito assistere. Il bimbo ovviamente disubbidisce e, per farsi perdonare dalle volpi, dovrà recarsi ai piedi dell'arcobaleno, dove esse vivono, e chiedere umilmente scusa. Nel secondo episodio un ragazzino un po' più grande, il giorno della Festa delle Bambole, seguendo una misteriosa ragazza giunge a un pescheto da poco sradicato completamente. Qui gli spiriti degli alberi, materializzandosi davanti a lui, maledicono la stupidità umana ma, di fronte alle sincere lacrime del ragazzino, per magia fanno riapparire il pescheto in fiore un'ultima volta.
Corvi |
Questo sfavillante inizio, da mozzare il fiato, fa tuttavia da contraltare ai due angoscianti episodi successivi. La tormenta è un confronto serrato tra uomo e natura in cui l'uomo sembrerebbe soccombere, mentre Il tunnel è l'efficace, straziante materializzazione dei sensi di colpa di un soldato che, tornato dal fronte come unico sopravvissuto del suo plotone, si troverà di fronte gli spiriti dei soldati, morti ma incapaci di accettare questa realtà, e destinati a tornarsene in quel buio, infinito tunnel da dove erano venuti.
Fujiama in rosso |
L'episodio centrale, Corvi, realizzato con la collaborazione della Industrial Light & Magic di George Lucas, è un prodigio visivo nonché una celebrazione del talento umano. Kurosawa sembra volerci dire che l'uomo è davvero grande quando è in grado di armonizzarsi con la natura, rappresentarla, penetrarne la magia, compito di cui l'arte è da sempre la più alta depositaria. A interpretare il folle genio di Vincent Van Gogh, protagonista dell'episodio, nientemeno che Martin Scorsese, l'orecchio tagliato sotto la testa fasciata, mentre l'alter ego del regista, l'attore Akira Terao, vaga tra i quadri più famosi del maestro olandese per poi perdersi in un campo di grano sovrastato da uno stormo di corvi nerissimi. A quest'episodio sembra sottesa la domanda: ma chi è il vero folle, Van Gogh o gli uomini, che stanno annientando la natura in cui vivono, di cui fanno essi stessi parte?
Il dèmone che piange |
L'uno-due che segue è, purtroppo, la parte più profetica di tutto il film di Kurosawa. In Fujiama in rosso è di scena l'apocalisse: dopo l'eruzione del vulcano, la vera tragedia è l'esplosione della centrale nucleare, improvvidamente costruita dall'uomo ai piedi della montagna. La folla impazzita cerca rifugio e scampo, ma la fuga si interrompe inevitabilmente ai bordi di una scogliera a strapiombo sul mare. Il successivo Il dèmone che piange mostra le conseguenze di quell'evento: la terra è ormai desertificata e sterile, le uniche creature che la abitano sono dei giganteschi denti di leone e soprattutto dei dèmoni cannibali, provvisti chi di due e chi di tre corna. Al calar della sera, queste appendici causano loro un dolore terrificante, reso ancor più insopportabile dalla natura immortale dei dèmoni, incapaci di scampare al destino da loro stessi creato.
Il villaggio dei mulini |
Questa visione apocalittica, figlia di antiche paure del popolo giapponese che in questi giorni si stanno rivelando terribilmente fondate, lascia tuttavia il passo alla speranza dell'ultimo episodio, Il villaggio dei mulini. Qui l'alter ego del regista, sempre interpretato da Akira Terao, si ritrova in un villaggio i cui abitanti hanno deliberatamente scelto di non rincorrere il progresso, la scienza, la tecnologia, abbandonandosi ai ritmi lenti della natura. Presso uno dei mulini che costellano il piccolo villaggio il protagonista incontra un uomo di 103 anni, ancora in forma e deliziosamente entusiasta della vita, che si sta preparando al funerale del suo primo amore, una donna di 99 anni: non una cerimonia lugubre e malinconica, ma una gioiosa celebrazione di una vita degna, una congratulazione alla quale l'intero villaggio partecipa in un tripudio di suoni e colori.
E' il degno finale di un film che delizia gli occhi e rinfranca il nostro spirito in un modo sempre più raro a trovarsi nel cinema e in generale nell'arte di oggi. Per questo si tratta, comunque, di una grande occasione di festa, e di un modo tutto personale di pregare per il popolo giapponese, nella speranza che quel lieto fine possa non essere solamente un sogno.
"Senta: si dice spesso che la vita è difficile, dura, eccetera... Questa è solamente una posa dell'essere umano. La verità è una sola: la vita è bella. Più che bella: entusiasmante."
(le ultime parole del film, pronunciate dal centenario interpretato dall'attore Chishu Ryu)
un film stupendo! Grazie per questo post importante e giusto. Un abbraccio forte.
RispondiEliminaIo non vedo questo film da molti anni, eppure rileggendone, come ho fatto ora grazie a te, mi sono tornate agli occhi molte, meravigliose immagini. Il cinema è prima di tutto comunicazione. Senza dubbio questo film trasmette messaggi di grande bellezza. E queste giornate, certo, Kurosawa già le aveva sognate: i ciliegi in fiore e come sfondo l'apocalisse nucleare. Si dice che il Giappone sia il paese dei grandi contrasti...
RispondiEliminaCiao!
@Noemina: anche io ti abbraccio forte. un caro saluto a Claudio e a Dente. spero di vedervi presto.
RispondiElimina@Nivangio: grazie. era proprio questo che volevo sottolineare: la potenza comunicativa delle immagini, in questo film. amo molto la cultura giapponese soprattutto per ciò che esprime a livello visivo, e Sogni è il migliore degli esempi che mi sono venuti in mente. ciao a presto!
Un abbraccione a voi chicca: a prestissimo!
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