
La storia, come si diceva, parte da lontano. E' il 1979 quando ad Athens, Georgia, Michael Stipe incontra il futuro chitarrista Peter Buck nel negozio di dischi dove quest'ultimo lavora come commesso. Condividendo gli stessi gusti musicali, in specie la passione per Patti Smith, i due diventano presto amici. Dall'incontro con Mike Mills e Bill Berry, due ragazzi che studiavano all'Università della Georgia e che suonavano insieme fin dal liceo, nasce l'idea di comporre alcune canzoni: il primo concerto ufficiale si svolgerà il 5 aprile 1980, per il compleanno dell'allora fidanzata di Bill Berry, e segna la data ufficiale di nascita della band. Il nome R.E.M. pare sia stato scelto a caso dal dizionario, e sta per Rapid Eye Movement, il movimento molto veloce delle pupille durante la fase onirica.
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I ragazzi, con umiltà e la giusta spensieratezza, portano il loro power pop indiavolato in giro per il circuito universitario degli Stati Uniti meridionali, muovendosi su un furgone sgangherato e suonando nei posti più impensati (uno strip club e una base militare, tra gli altri): ma è solo così che vengono notati da quello che diventerà il loro manager, Jefferson Holt. Nell'estate del 1981 registreranno quindi il loro primo singolo ufficiale, Radio Free Europe: un solare pop chitarristico sotteso da una enigmatica malinconia che, prodotto dall'esperto Mitch Easter, guadagnerà le lodi della critica e il favore del pubblico delle cosiddette college radio. Questo debutto, che li distanziava enormemente dalla contemporanea scena post-punk, li porta a incidere dapprima l'EP Chronic Town (1982) e in seguito l'album di debutto Murmur (1983). Sempre prodotto da Mitch Easter e inciso per la I.R.S Records, l'album è unanimemente considerato uno dei più folgoranti debutti della storia della musica pop. Le caratteristiche del suono che caratterizzerà il gruppo ci sono già tutte: gli arpeggi jingle jangle della chitarra di Peter Buck, l'alternanza tra la melodia e l'energia (preannuncio di quello che sarà uno dei leitmotiv del grunge), le reminiscenze country e folk, l'irruenza quasi punk (che li colloca nel solco dei loro contemporanei), le armonie vocali e soprattutto la voce unica di Michael Stipe, capace di rendere melodiosi anche dei suoni totalmente privi di significato. E poi un'innata eleganza, un saper fare le cose sempre nel modo giusto, naturale, semplice. Murmur, sebbene non raggiunga grandi risultati commerciali, è per Rolling Stone il miglior album dell'anno, addirittura più di Thriller di Michael Jackson, e sarà di grande influenza per tutti gli artisti cosiddetti indie degli anni a venire.

Il successivo Reckoning (1984) conferma la felice ispirazione del gruppo ma, nonostante il loro primo tour promozionale in Europa, gli R.E.M. continueranno ad avere successo solo in madrepatria. Peggio ancora, a livello commerciale, andrà con Fables of the Reconstruction (1985): l'album, considerato il più tetro e spigoloso della discografia della band, viene registrato in Inghilterra ed è il riflesso di un momento difficile per i nostri, costellato da tensioni che li porteranno sull'orlo dello scioglimento. E' un punto nodale, questo, per il futuro degli R.E.M.: dopo il folgorante debutto, la magia si era andata gradualmente perdendo. Era venuto il momento di svoltare, pena la ricaduta nell'anonimato delle altre mille college band americane.
La risposta arriva con gran forza nel successivo Lifes Rich Pageant (1986), che vede il gruppo di nuovo sugli scudi, vitale ed energico, e in cui emerge soprattutto l'accresciuta padronanza vocale di Michael Stipe: il disco segnerà il primo vero successo commerciale della band, anche al di fuori di quel circuito delle college radio che li aveva sostenuti fin dagli esordi. Insomma, la svolta è arrivata: manca la consacrazione. Che puntualmente arriva con Document (1987): prodotto da Scott Litt, l'album è una macchina da singoli, in quanto contiene alcuni dei brani ormai classici dei nostri come The One I Love e It's the end of the world as we know it (and I feel fine).


Ma, laddove molti altri artisti, dopo un tale exploit, avrebbero continuato all'infinito ad accontentare il pubblico ripetendo la formula del successo, gli R.E.M. sembrano intontiti, sorpresi, quasi a disagio. Sono sicuramente le loro origini underground a metterli nella condizione di fermarsi un attimo a pensare: e infatti Out of Time non verrà supportato da nessun tour.

L'album che seguirà sarà, nuovamente, inaspettato. E soprattutto sarà il grande capolavoro della loro carriera, quello che davvero metterà d'accordo critica e pubblico (diciotto milioni di copie vendute!). Un risultato difficile da decifrare, perché il disco abbandona le solari sonorità pop, le aperture, le ariosità del predecessore, per lasciare spazio a una vena malinconica e cupa interrotta solo dal divertissement The Sidewinder Sleeps Tonite. Automatic for the People (1992) è un album di sentimenti estremi: il tema principale è la morte, ma c'è spazio anche per l'invettiva contro Bush senior di Ignoreland, per l'insinuante sensualità di Star Me Kitten e per la nostalgia di Nightswimming. Fondamentalmente l'impostazione è acustica, e va ricordato l'apporto di John Paul Jones dei Led Zeppelin nell'arrangiamento degli archi (magistrale nella strappalacrime Everybody Hurts). In definitiva gli R.E.M., seppur più introspettivi, sembrano volersi mantenere sulla strada pop, che il pubblico continua comunque a premiare nonostante la coeva esplosione del grunge, quanto di più lontano ci sia dal sound di Automatic for the People. Tuttavia un successo così grande, e per giunta sempre crescente, li avrebbe potuti portare sulla pericolosa strada dell'autocelebrazione, del monumento a se stessi. Ma gli R.E.M. sono diversi.


Col senno di poi, il disco reca in sé tutte le indicazioni di un futuro scioglimento, soprattutto perché, pur essendo composto di brani nuovi, fa riferimento a tutte le tipologie di sound riconducibili alla band - una sorta di greatest hits di inediti. L'album è favorevolmente accolto dalla critica, come il predecessore, ma la sensazione è che sia un'opera di mestiere, pur pregevole e di classe, come d'altronde tutti gli album rilasciati dopo l'abbandono di Bill Berry. Tutto questo, insieme alla decisione di non andare in tour dopo l'uscita del disco, portano al capitolo finale, ufficializzato il 21 settembre 2011 sul sito remhq.com: la band sceglie di concludere la propria carriera. E anche l'uscita di scena è contraddistinta da quella stessa classe, e discrezione, che la band fin dagli esordi aveva scelto come condotta.

"To our Fans and Friends: As R.E.M., and as lifelong friends and co-conspirators, we have decided to call it a day as a band. We walk away with a great sense of gratitude, of finality, and of astonishment at all we have accomplished. To anyone who ever felt touched by our music, our deepest thanks for listening."
grazie a voi, per essere stati, a modo vostro, una parte della mia vita.
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